Real Life™

Real Life™

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Autore: Christopher Brookmyer

Lo Spirito Nero è un mercenario omicida, l’incarnazione del terrorismo allo stato puro: nessun progetto di conquista o rivendicazione politica, semplicemente l’autore degli attentati più agghiaccianti degli ultimi anni. E ora ha in mente un obiettivo in terra britannica che farà dimenticare l’11 settembre. Il bersaglio è ancora sconosciuto, ma i servizi segreti inglesi hanno saputo con certezza che si trova in Scozia. Fra i componenti della squadra speciale che viene approntata d’urgenza c’è Angelique De Xavia, tormentata e bellissima, letale nelle arti marziali, unica donna in una task force solo maschile. Sarà grazie alle sue intuizioni e a una colorata banda di personaggi – un genio fallito dei videogame, una coppia di ragazzini terribili scappati da scuola e la vedova di un marito mai morto – che Angelique riuscirà a ricostruire l’identità dello Spirito Nero e a mettersi sulle sue tracce.
Con un intreccio magistrale e sanguinoso, spruzzato d’umorismo dark e sarcasmo, l’autore scozzese compone un plot ipercinetico che infila spettacolari sequenze d’azione e colpi di scena, false piste e vicoli ciechi, in un romanzo adrenalinico che cresce in modo esponenziale fino al pirotecnico finale a sorpresa.



"Chris Brookmyre è un genio!"
- Mirror -

"Tutta l’adrenalina del grande thriller d’azione."
- Time Out -

"Brookmyre ti colpisce in viso, sfacciato, irriverente, elegante."
- The Times -



Autore

Christopher Brookmyre nato a Glasgow nel 1968 da padre ateo e madre cattolica, ha un passato di studente universitario, di critico cinematografico, di pessimo cantante rock e di cronista sportivo. Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Un mattino da cani (Meridiano Zero, 2000), in Gran Bretagna è diventato rapidamente un autore di culto.
Definito dai media "il futuro della narrativa contemporanea britannica di genere", osannato dalla critica, corteggiato da Hollywood, lo scrittore continua a coltivare, con ironico riserbo, la sua vena rutilante e dissacratoria.
Visitate il sito di Brookmyre: www.brookmyre.co.uk




Recensioni

il manifesto
21 Gennaio 2006

Ma i videogiochi sono veramente, internamente, "narrazioni"? O, come suggerisce Christopher Brookmyre nel suo Real Life sono piuttosto profondamente affini a una delle tre/quattro esperienze che ripetutamente danno origine a narrazioni, in questo caso l’esperienza dello sport?
Nei panni di Raymond Ash, l’ex proprietario di un locale di videogiochi protagonista del suo thriller, il testosteronico scrittore scozzese prospetta addirittura una evoluzione: "Quello che aveva davvero sconvolto il mondo dei giochi per computer ed era andato ad occupare militarmente il resto della vita di Ray erano Quake e il gioco multiplayer. Fino ad allora, l’attrattiva dei giochi per computer era un’esperienza interattiva che però era comunque basata su una narrazione, in molti sensi simile al cinema o alla televisione. L’avvento di Quake, con la sua tangibile fisicità e un motore 3D talmente realistico che poteva dare il mal di mare, e soprattutto con la sua modalità multiplayer, ne aveva fatto invece un’esperienza simile allo sport".
Anche Ray e il suo arcirivale, l’ex compagno di appartamento Simon Darcourt, ora reincarnato in qualità di terrorista professionista nell’elusivo, imprendibile Spirito Nero, sono due figli delusi della Space Age Generation, che hanno visto i bambolotti Playmobil vestiti da pilota e da astronauta della loro infanzia – tradizionale risposta non verbale alla domanda difficile: "Cosa vuoi fare da grande?" – sparire, vittime di un irreversibile anacronismo. "Ma forse era meglio vederli sparire che assistere al sorgere di una nuova serie che includesse specialisti di informatica, operatori di call center e impiegati dell’industria del fast food. Anche gli accessori non sarebbero stati granché".
Se lo sport è una pia e regolata sublimazione della caccia e della guerra, e il videogame è sport adrenalinico, immobile e connesso, i "mmporg" si presentano paradossalmente, nel libro di Brookmyre, come l’ultima arena, se non di una gioventù, di una "trentennità" bruciata non dai sogni ma dal mercato liberista del lavoro.
Come una sur/reale (virtuale) palestra di vita e di morte, dove da un lato si addestrano e attirano moderni eserciti (e ce lo ricorda anche D’Alessandro portando il caso di America’s Army, il gioco distribuito gratuitamente, dal 2001, sul sito delle forze armate statunitensi), dall’altro l’uomo comune travolto da un gioco mortale più grande di lui, il Raymond Ash della situazione, può trovare il know-how interiore, e magari lo stratagemma fortuito e fortunato per farvi fronte. (Il resto, il coraggio, è noto che uno non se lo può dare).
Sempre più tempo, e per ragioni non futili, viene dunque speso da lettori/giocatori in altri mondi, e sempre più spesso escono libri che ne parlano. Forse perché, come sottolinea John Leland nel New York Times in un recente articolo intitolato "The Gamer as Artiste", in una cultura come quella occidentale che ha rimosso e reso asettica la morte, i videogiochi – ormai la principale forma di intrattenimento di chi ha meno di trentacinque anni – sono l’unica esperienza culturale che mette al centro la morte del singolo individuo.
Ma, bisognerebbe forse aggiungere con Brookmyre, nel gioco vivo Real Life non è possibile ricaricare la partita una volta terminata, o riconnettersi al server se il collegamento viene interrotto. O forse (a seconda del senso che diamo volta per volta alla funzione di reload) invece sì?
Laura Pugno


Venerdì
24 Giugno 2005

L’Inghilterra salvata a colpi di videogame

Quel tragitto in macchina verso l’aeroporto racconta di frustrazioni, di ambizioni fallite, del placido e riconosciuto orrore del quotidiano che solo il possesso di un’auto imponente riesce a compensare. Ma è anche qualcos’altro: è l’inizio della nuova vita di un uomo qualunque che diventerà il terrorista più crudele e ricercato del pianeta.
Nonché l’incipit di Real Life™, ultimo romanzo del geniale scrittore scozzese Christopher Brookmyre, uno dei pochi a poter azzardare una spy story raccontata nella modalità narrativa del videogame.
Perché a ritrovarsi e sfidarsi negli orrori di una Gran Bretagna che teme un attentato ancor più distruttivo di quelli che stanno insanguinando il mondo, sono due assassini: uno reale, Simon, e uno virtuale, Raymond.
Il primo è sfuggito alla monotonia diventando un terrorista. Il secondo, suo antico amico, ex musicista inchiodato alle responsabilità familiari, è un campione di videogiochi online.
Si riconosceranno e si sfideranno: come in una straordinaria e irripetibile partita.
I ritmi e il linguaggio (ben sostenuti dalla traduzione di Anna Feruglio Dal Dan) sono malinconici, crudeli, feroci.
In sostanza, Brookmyre è bravissimo.
Loredana Lipperini


annessieconnessi.net
26 Luglio 2011

Siamo abituati ad individuare nel romanzo thriller mainstream le caratteristiche tipiche dei film d’azione americani, tanto che spesso ci troviamo ad attribuirvi l’appellativo di "americanata" quando questi romanzi si trovano ad eccedere in esplosioni, eroi imbattibili ed immortali, spacconate di vario genere e l’immancabile vittoria dei buoni (senza nemmeno un capello fuori posto) sui cattivi.
E’ forse con questo sentimento che ci si potrebbe accostare a questo romanzo piuttosto voluminoso (appena meno di 400 pagine), Real life ™ di Christopher Brookmyre guardando la copertina. Bastano però poche pagine per capire che si ha davanti un prodotto senza dubbio particolare e fuori dagli schemi.
Scozia. Ray, un giovane insegnante di inglese con un passato di accanito videogiocatore di sparatutto, incrocia per caso un volto noto all’aeroporto, il suo vecchio compagno di stanza dell’università Simon. Rimane moto colpito da quella visione, principalmente perché, stando alle sue ultime informazioni disponibili, Simon è morto da tre anni.
Da quell’incontro fortuito si svilupperà una storia al limite dell’inverosimile, alla scoperta della nuova vita di Simon come terrorista di alto bordo su commissione. La caratteristica principale di questo romanzo ad ampio respiro è appunto la profondità con cui vengono sondati i caratteri dei protagonisti, Ray e Simon.
Si ripercorrono infatti numerosissimi episodi del loro passato, della loro "amicizia", che aiutano a completare la visione a 360° di questi personaggi così diversi. Scopriamo la semplicità d’animo di Ray ma soprattutto capiamo la perversa meccanica che ha portato Simon, agente marketing di un’industria petrolifera, a sviluppare questo piccolo secondo lavoro quale l’omicidio su commissione.
Notiamo inoltre un certo gusto peverso dell’autore nel delineare lo Spirito Nero (il terrorista) dapprima come il nemico pubblico numero uno, poi quasi deriso dai fatti quando i suoi piani perfetti vengono mandati a monte dai guastatori più improbabili. Altro grandissimo punto di forza è infatti il valore aggiunto dell’autore.
Brookmyre lascia la sua impronta sardonica ed umoristica nella narrazione in terza persona, rendendola scanzonata e leggera anche nei passaggi più cruenti. Battutine e allusioni, anche localistiche, aiutano a caratterizzare ancora di più i personaggi, che hanno una voce ben chiara e atteggiamenti ben distinti.
La passione di Ray per i videogiochi sparatutto, oltre che costituire spunto per un gran numero di citazioni che i più appassionati non mancheranno di rilevare, permette inoltre di dare credibilità al personaggio, in particolare per quello che si troverà a fare nel gran finale.
La trama, contrariamente ai più comuni thriller di consumo, tende a puntare l’attenzione come detto più sul retroterra dei personaggi che non sulle vicende correnti. Si riscontrano quindi un gran numero di lunghi flashback che inframmezzano l’azione senza mai comunque spezzare il ritmo o disturbare il pathos.
Anche i personaggi secondari sono degnissimi di menzione, sia quelli accennati nei flashback che i comprimari della vicenda al tempo presente: il personaggio di Angelique, per esempio, è perfettamente il clichè della donna poliziotto a tutto tondo il cui contorno di dolcezza ed umanità la rende vivida ed efficace nella sua caricaturalità.
Insomma, Real life è senza dubbio un ottimo romanzo ed un gradevolissimo thriller, adatto alla lettura disimpegnata vacanziera, scritto in modo magistrale e pungente che strapperà ben più di un sorriso.
Legione


cinemadadenuncia.splinder.com
6 Settembre 2011

Lunedì 1 settembre. Raymond Ash, novello padre di un bambino di tre mesi e neoinsegnante di lettere al liceo Burnbrae di Glasgow, si trova coinvolto in un caso di terrorismo internazionale. Per vendicarsi del coinvolgimento britannico in un precedente conflitto risoltosi a suo sfavore, il generale nuovamente tornato al potere di una ex colonia ha commissionato un attentato in territorio scozzese.
Esecutore designato per l’attacco imminente è lo Spirito Nero, terrorista a contratto che semina morti in tutto il mondo concedendosi il lusso di lasciare biglietti da visita sul luogo delle stragi: un disegno nero con due ovali bianchi per occhi e una griglia oblunga di denti ghignanti.
La minaccia incombente suscita la mobilitazione dei reparti speciali di Scotland Yard (lo Special Branch): tra loro anche una donna di colore, Angelique de Xavia, che sul famigerato terrorista possiede informazioni riservate e inaccessibili alla maggior parte dei suoi virili colleghi. Apparentemente estranee, le strade di Raymond, dello Spirito Nero e di Angel X confluiranno nelle West Highlands, a nord di Glasgow.
Punto d’incontro: la colossale centrale idroelettrica di Dubh Ardrain, "probabilmente la più grande opera di ingegneria della Scozia".
Avvincente non è l’aggettivo adatto per A Big Boy did it and Ran Away, brillantemente tradotto in Real Life™ da Anna Feruglio Dal Dan, che con rimarchevole scioltezza restituisce in tutto il suo virtuosismo l’ironia dal periodare ampio di Christopher Brookmyre.
Giusto un paio di citazioni per rendere l’idea: "L’area del check-in era caotica e affollata come tutti i lunedì mattina, con la gioiosa aggiunta di un gruppo di Euromocciosi che mulinavano nei paraggi con quella particolare insulsaggine raggiungibile solo da adolescenti continentali con il cervello annebbiato dagli ormoni della pubertà".
Oppure: "L’intero movimento skinhead era una scusa per fornire un surrogato di realizzazione personale ai più patetici esemplari della razza umana, quelli sforniti a tal punto di creatività personale che erano felici di liberarsi di ogni residua sembianza di individualità in cambio dell’illusione di appartenere a qualcosa".
L’attributo che invece occorre scomodare è senza dubbio "immersivo". Già, perché l’immersività, ovvero la proprietà di coinvolgere completamente il giocatore nell’universo videoludico, appartiene a pieno titolo al DNA di Real Life™, romanzo costruito come uno sparatutto in prima persona, costellato da impostazioni di gioco quali i livelli di difficoltà o il numero di avversari e culminante in un Deathmatch a squadre.
Salvo che, a differenza dei vari First Person Shooter menzionati nel libro (dal preistorico 3D Monster Maze a Quake3 passando per Castle Wolfenstein 3D, Doom e Half-Life), il thriller di Brookmyre è narrato in terza persona e non si svolge esclusivamente in presa diretta, ma ospita frequenti incursioni nel passato recente e remoto dei tre protagonisti: un trentatrenne neopadre e neoinsegnante in crisi d’identità, una detective dello Special Branch che picchia come un ussaro e un terrorista megalomane con un ego colossale.
Se l’architettura videoludica a dire il vero scricchiola a più riprese e non sembra in grado di organizzare attorno a sé le varie mappe narrative, a convincere pienamente è il camaleontismo stilistico della scrittura, capace di calarsi tanto provvisoriamente quanto profondamente nell’universo mentale di chi in quel dato momento occupa la scena.
Fenomeno che interessa non solo la triade dei personaggi principali, ma anche – e queste sono tra le parti più irresistibili del libro – Lexy e Murph, i due pestiferi alunni di Raymond che, dribblate agilmente le prime due ore di lezione, non trovano altro di meglio da fare che infilarsi in un camion stracolmo di armi ed esplosivi a pochi metri dalla scuola. Naturalmente finiranno loro malgrado nella centrale idroelettrica di Dubh Ardrain, che lo Spirito Nero ha intenzione di trasformare in un gigantesco canale di scarico per celebrare opportunamente gli scozzesissimi Giochi delle Highlands. Meno stringato e incisivo di Un mattino da cani (il romanzo d’esordio del 1996) Real Life™ conferma, pur con le riserve di un impianto narrativo non perfettamente controllato e di un finale eccessivamente tumultuoso, le doti di scrittore di Christopher Brookmyre. Doti che spiccano non soltanto nella duttilità stilistica di cui sopra, ma anche nella felicità di tratteggio dei personaggi secondari (Kate, la moglie di Raymond; Div, amico dai tempi dell’università) e nel delineare atmosfere urbane di sconfortante, parossistico grigiore: "Se Aberdeen era d’argento, allora la merda non era marrone, era color rame. Era grigia, come in ’noiosa’, come in ’deprimente’, come in ’cromaticamente disabile’. Era grigia, grigia, grigia. L’unica cosa più grigia della città erano quei coglioni degli abitanti".
Parola di Simon Darcourt, aka lo Spirito Nero.
Alessandro Baratti


colonialunare.net
19 Settembre 2011

Diventato da poco padre, Raymond Ash si trova a tirare le somme della sua vita e della radicale svolta che l’evento vi ha impresso. L’impiego come insegnante di inglese è il quotidiano promemoria delle sue aspirazioni fallite, di un passato dal quale si trova costretto a prendere le distanze per garantire stabilità e sostentamento alla sua famiglia. Ma proprio quando la routine di tutti i giorni sembra incatenarlo in modo sempre più stringente, facendogli desiderare una via di fuga, un’ombra minacciosa proveniente dal suo passato irrompe violentemente nel suo presente, costringendolo ad una lotta per la sopravvivenza, nonché ad un ripensamento delle sue esigenze e delle sue priorità.
La misteriosa figura altri non è che Simon Darcourt, un vecchio amico di Ray che questo frequentava quando era ancora uno studente e che, come tutti coloro che lo conoscevano, anche lui credeva essere morto in un incidente aereo. Sebbene il suo cadavere non sia stato rinvenuto, Darcourt era stato dichiarato morto in seguito all’attentato di cui in realtà era l’artefice e l’esecutore materiale. Oltre a portare a termine il lavoro che gli era stato commissionato, Simon aveva approfittato della strage per tagliare ogni legame con il suo passato ed iniziare una nuova vita che lo ha portato a diventare noto come lo Spirito Nero, un terrorista mercenario crudele e spietato, tanto ricercato quanto apparentemente imprendibile.
Privo di qualsiasi obiettivo politico, per lo Spirito Nero anche il denaro con il quale vengono riccamente ricompensate le sue azioni rappresenta un aspetto secondario rispetto al desiderio di essere in qualche modo al centro dell’attenzione pubblica. E nel momento in cui decide di tornare in patria per partecipare alla realizzazione di un nuovo, spaventoso attentato, non riesce a fare a meno di pianificare la sua azione in modo tale da coinvolgere anche l’ex amico per costringerlo a prendere coscienza del suo "successo".
Costruito come un enorme videogame, nel quale ogni mutamento di scenario nella vita di Ray è accompagnato dal caricamento di nuove ambientazioni, nuovi compiti, nuove difficoltà e nuove ricompense, il romanzo ripercorre le strade dell’action thriller alla luce di una costante ricerca di approfondimento psicologico, nonché di un senso dell’umorismo che, a seconda del personaggio al quale è diretto, non teme di trasformarsi in tagliente sarcasmo. Sulla base di simili ingredienti, Brookmyre realizza un romanzo estremamente fluido e veloce nel quale, intrecciando le vicende dei due protagonisti con quelle dell’agente Angelique De Xavia e di una coppia di ragazzini che si trovano per caso coinvolti nella vicenda a causa di troppa curiosità, la soluzione del mistero dell’identità dello Spirito Nero passa rapidamente in secondo piano rispetto alla tensione dell’azione e alla cura nell’approfondimento dei personaggi.
Anzi, facendo capire molto velocemente al lettore che Simon Darcourt e lo Spirito Nero sono la stessa persona, l’autore può concentrare la sua attenzione sull’obiettivo che sembra stargli maggiormente a cuore: sezionare, pezzo dopo pezzo, l’aura di tenebroso mistero con la quale il criminale cerca di ammantare la propria persona. A partire dall’iniziale profilo fornito alla squadra speciale alla quale è stato dato l’incarico di indagare sullo Spirito Nero – un quadro profondamente permeato da un timoroso rispetto di fronte ad una malvagità capace di raggiungere un livello di pianificazione e messa in atto apparentemente inarrestabile – Brookmyre procede per sottrazione, spogliando il criminale di tutte le sovrastrutture che lo circondano, fino a lasciare sul terreno nient’altro che l’immagine del vile codardo che scaturisce dai ricordi di Raymond e dalle osservazioni di Angelique De Xavia.
La Vita Reale alla quale si fa riferimento nel titolo non è solo quella con la quale Ray si confronta quotidianamente in contrapposizione alle dimensioni virtuali all’interno delle quali vive le sue avventure da videogiocatore. È anche e soprattutto quella da cui Simon non ha mai fatto altro che scappare, fino ad arrivare ad abbandonare moglie e lavoro per assumere un’identità simile a quella di uno dei tanti malvagi che affollano il mondo dei fumetti supereroistici. E sebbene in modo antitetico, entrambi sono testimonianza dei loro fallimenti nel tentativo di sottrarsi alla loro quotidianità. Con la differenza che mentre Ray è cosciente di come la sua esistenza negli universi virtuali dei videogame rappresenti solo un aspetto della sua più ampia e travagliata quotidianità, Simon ha trasformato tutta la sua vita in un enorme videogioco, una sorta di Hitman al servizio del mercato del terrore, sulla base della convinzione che l’essersi lasciato alle spalle il suo nome per assumere l’identità dello Spirito Nero possa essere considerato come l’effettiva liberazione dai vincoli che pensava lo imprigionassero.
In questo modo, mentre Ray passava il suo tempo ad accumulare esperienza nel mondo reale e a vivere molteplici vite in quello virtuale, nella più completa malafede Simon costruiva attorno a sé una gabbia ancora più stretta, illudendosi di essere libero in quanto lui stesso artefice di quanto gli stava accadendo.
Tuttavia, quanto più Brookmyre dettaglia ed aggiunge particolari al profilo del criminale, tanto più diventa chiaro che sono proprio quelli che lui fieramente considera come i suoi successi ad essere le prove tangibili del suo essere un fallito. Non senza ragione, infatti, l’autore dedica molto spazio a raccontare la vita di Simon da studente, quando lui e Ray erano amici. Dotato di un innegabile carisma, Simon è in realtà un musicista frustrato. Quando Ray fa la sua conoscenza rimane affascinato da quel personaggio capace di essere lucidamente tagliente e cinicamente sarcastico. Ed è proprio la sua capacità di esporre alla pubblica derisione tutto ciò che per qualche motivo non incontra la sua benevolenza ad essere l’arma attraverso cui affascina il prossimo. Infatti, grazie alle sue manifestazioni di crudeltà verbale verso ciò che rifiuta, riesce allo stesso tempo ad esercitare un fascino lusinghiero nei confronti di chi invece dimostra di accettare.
È un inganno che si nutre di risentimento: l’essere accettati alla corte di una persona come Simon, apparentemente estremamente selettiva ed esigente, rappresenta per chi gli sta attorno (Ray incluso) una fonte di grande soddisfazione. Ma approfondire la sua conoscenza significa anche dipanare progressivamente l’intreccio di immagini artificiose che Simon ha intessuto attorno alla sua stessa persona, scoprire che per essere accettati all’interno della sua cerchia non è necessario possedere grandi qualità, ma semplicemente accettarlo come leader. Il rispetto che Simon tributa agli altri non è in relazione alle qualità che lui scorge in loro, piuttosto è proporzionale alla loro disponibilità ad ammirare lui. Esemplare in tal senso è la vicenda che lo vede, assieme a Ray e ad altri due loro amici, tentare la scalata al successo nel mondo della musica.
Tecnicamente mediocri, nel loro insieme i quattro riescono a coesistere fino a quando il ruolo di Simon come leader del gruppo non viene messo in discussione. Ma nel momento in cui i conflitti esplodono a causa di un esordio dal vivo disastrosamente imbarazzante, la messa in discussione del suo ruolo viaggia di pari passo con il suo tentativo di scaricare sugli altri colpe e responsabilità che invece risultano essere in larga parte sue. Non a caso, a partire dal momento in cui la strada di Simon si divide da quella del resto del gruppo, questi trovano un sostituto e, pur senza raggiungere le vette della fama e del successo, riescono in ogni caso a togliersi più di una soddisfazione in termini di seguito come di consenso.
La cerchia di Simon è l’archetipo di tutti i circoli, i club, i movimenti o altro ancora, che si presentano in pubblico come elitari e desiderabili quando in realtà, dietro la fascinosa maschera dell’esclusività, non si agita altro che lo spettro di un ostile risentimento. La denigrazione della produzione musicale altrui, l’incapacità di dare forma ad una produzione in grado di raggiungere un successo all’altezza delle aspettative di un ego smisurato, è solo uno dei primi sintomi di una malattia che troverà successivamente la propria valvola di sfogo nell’ambito di un’attività criminale orientata alla distruzione della vita e della felicità altrui. Una volta messo di fronte alla propria incapacità di raggiungere il successo, ed incapace di accettare il proprio fallimento, Simon si dedica alla conquista dell’attenzione da parte di un vasto pubblico attraverso la paura ed il terrore. In altre parole, nell’impossibilità di allargare la sua cerchia di ammiratori a causa della fragile natura del bluff che incarna, decide di percorrere una strada opposta: usare la violenza per prendere con la forza quello che non è stato in grado di ottenere attraverso il consenso.
Sulla base di modalità di comportamento simili a quelle del sarcasmo autoritario che utilizzava all’interno della sua cerchia di amici e conoscenti al fine di manifestare una presunta superiorità e, di riflesso, compiacere l’ego di chi gli stava attorno e si sentiva da lui accettato, anche le sue azioni criminali si rivelano essere all’insegna della viltà e della vigliaccheria: tessere trame mortali contro vittime deboli ed indifese per dare solidità a quel desiderio di riconoscimento che da studente crollava miseramente nel momento in cui si trovava ad uscire dal suo ambiente protetto. Così, alle spalle del narcisismo patologico di Simon, non è difficile scorgere l’ombra del rapporto che più in generale leader, guide e maestri vari intrecciano con chi li segue e ne osanna il verbo: l’offerta di compiacenti lusinghe in cambio di una sottomissione ad idiosincrasie che si esplicano attraverso la definizione di bersagli polemici o, nel caso in cui ci sia un passaggio all’azione, di nemici da escludere o combattere. Ma quello che si nasconde sotto la pelliccia del lupo non è un capobranco: è un cane da pastore che porta il suo gregge a pascolare, e che per farlo inganna le pecore che lo seguono facendo loro credere di essere lupi a loro volta, di essere parte di un branco.
Marco P.


excite.it
9 Dicembre 2005

Dicesi "sparatutto" quella species del genus videogame in cui il giocatore deve limitarsi a vagare per un dungeon (altresì detto labirinto) e ammazzare con più o meno efferata violenza, tutto ciò che gli si para di fronte. Detto questo, Real Life™ è un libro "sparatutto". Infatti, quest’opera di Brookmyre non solo fa della videoludica uno dei pilastri del romanzo - quindi, se non avete mai imbracciato virtualmente un RPG per lanciare missili terra-terra contro il cattivone di turno, rischiate di perdervi gran parte delle chicche di questo libro- ma anche perchè il protagonista (uomo medio, con famiglia media, e vita media) si trova a dover fronteggiare uno dei più efferati terroristi internazionali, che ha fatto dell’assassinio di massa un’arte molto redditizia, proprio in forza delle sue eccellenti qualità di videogamer. Un libro d’azione fatto di inseguimenti, sparatorie e di una buona dose di morti civili (e non), un libro "filmico" girato con il piglio del miglior John Woo. Nel complesso una lettura più che divertente con qualche picco di classe e qualche (per fortuna pochi) momento di confusione.
Simone Tempia


Fuori le Mura
31 Ottobre 2011

Stranger than… Real Life™!

Videogiochi vs terrorismo, realtà contro finzione per un thriller in odore di bestseller ma che non trascura l’autorialità. Criminali di tutto il mondo, avete nuovi nemici: i nerd. Il mostro di fine livello è la creatura che ti trovi davanti quando sai, lo sai, che sei ad un passo dalla vittoria. Di solito ha dimensioni mastodontiche, features senza eguali, un muso brutto che grida che da lì passerai solo in formato di omogenizzato digitale. Il mostro di fine livello è la sfida finale, l’incombenza alla quale non ci si può sottrarre, oh no, e che potrebbe decretare una fine gloriosa o misera (dipende dalla velocità con la quale si preme sui tasti) oppure il raggiungimento di una pace più o meno duratura. Il mostro di fine livello, per Raymond Ash – ex videogiocatore incallito, neoinsegnante di inglese e soprattutto neopapà – e per l’agente dei servizi segreti britannici Angelique De Xavia – specie di ninja esotica e proverbiale donna a cui nessun uomo, per paura, saprebbe dire di no – è il terrorista internazionale Lo Spirito Nero.
Incarnazione del male del nuovo millennio, esperto nel non lasciare tracce, formidabile nell’attaccare luoghi comuni (ma non in senso metaforico!) in prossimità di simboli del "sistema", è ora in territorio scozzese, pronto a mettere in piedi una performance pirotecnica da far gettare le armi ai più temuti colleghi mediorientali. In tutto ciò il coinvolgimento di Angel X è abbastanza comprensibile. Ma che c’entra l’innocuo Ray, il cui colpo speciale, al massimo, è sparare voti bassi da un’enorme penna rossa portata a tracolla? E che ci fanno due preadolescenti, studenti del povero Ash, nel camion delle attrezzature dei terroristi? Le risposte sono tutte in un incontro orchestrato dal caso all’aereoporto e nel passato del nostro main character e della sua nemesi. "Nerds are hot" (I nerd sono sexy), recita una famosa massima esistenziale (sicuramente messa in giro da un nerd, ma che importa?): Christopher Brookmyre, scozzese, 1968, ne sembra convinto, tanto da chiarire da metà opera in poi che metterne uno ben determinato contro il più grande terrorista mai esistito, non è che sia una battaglia ad armi pari, ma perlomeno uno scontro dall’esito incerto.
Real Life™
è, stringendo, l’eterno procrastinarsi di una riunione tra vecchi compagni universitari non proprio rimasti in buoni rapporti. In mezzo, tra l’addio e l’inatteso ritrovamento, la vita reale, quella che accartoccia i sogni, amplifica le solitudini e molto raramente plasma le singole esistenze secondo i desideri di gioventù. Sia Lo Spirito Nero che Ray Ash sono uomini che hanno messo da parte le proprie aspettative, con risultati di segno opposto: il primo, narcisista folle, "con un piccolo problema riguardo all’orbita della Terra" e qualche dubbio sul fatto che giri intorno al Sole, ha abbandonato la disgustosa prospettiva di un’ "ordinaria, comune, piccola vita" per aspirare alle malevole grandezze alle quali pensa di essere destinato, l’altro, invece, ha accantonato ma non dimenticato i sogni di ragazzo, scoprendo la felicità tra le guance di suo figlio e i fianchi della bella moglie. Entrambi, da grandi, si sarebbero visti in altri panni. Aldilà degli accenni al mondo dei videogiochi e al gradevolissimo citazionismo musicale, Real Life™ è un romanzo su quanto la vita possa essere diversa da quello che pensiamo e su quanto si sbaglia chi crede di tenerla per le palle.
A questo proposito il titolo scelto per l’edizione italiana, ben lontano dall’originale A big boy did it and run away, sembra particolarmente azzeccato, dato che sottolinea senza se e senza ma l’inquietante analogia tra la realtà e la finzione, che sussiste solo se la seconda viene interpretata come funzione della prima. Ray Ash, infatti, sopravvive anche grazie a quanto appreso dalla realtà virtuale (o, in casi malaugurati, da un uso forse eccessivo del porno amatoriale), funzionale a far girare meglio (bene è un opzione non contemplata) il gioco "Acchiappa il terrorista" sul supporto "Vita vera". Oltre a riempire il piatto con una grande coscienza della struttura dell’intreccio, una riflessione non banale sul rapporto tra narcisismo e terrorismo e un corposo numero di pagine che da un lato hanno il pregio di scolpire minuziosamente e a tutto tondo i personaggi ma dall’altro il difetto di rallentare troppo spesso una narrazione che avrebbe potuto essere più snella senza risentirne, Brookmyre riesce a costruire un ritratto di un malavitoso affascinante e atipico. La violenza senza scopo se non la vanità è condannata solo dopo essere stata indagata, interrogata, circostanziata: seguire la caduta – che è forse solo presa di coscienza – di un giovane un po’ troppo presuntuoso negli abissi del male aldilà di ogni redenzione (Lo Spirito Nero non è Anakin Skywalker: niente coscienza né devozione se non per soldi e sangue) fa soffrire anche il lettore che, seppur propenso, non riesce proprio ad essere completamente d’accordo con la detective Angelique, per la quale stiamo parlando solo di "una mezza sega del cazzo".
Il talento più grande di Brookmyre, comunque, è la capacità di adattarsi con disinvoltura all’imperativo del romanzo, facendo della propria scrittura la principale funzione della storia. Ne viene fuori un’opera che è prima di tutto una vicenda, grazie ad un uso puntuale della parola: ogni cosa è descritta, poco è lasciato all’immaginazione; probabilmente si ha poca possibilità di costruirsi una visione degli avvenimenti che non sia quella autoriale, e in questo Brookmyre è un po’ maestrino e un po’ regista. Il taglio indubbiamente cinematografico della narrazione, però, è più un pregio che un difetto e l’humor nero e il sarcasmo a tutti i costi completano l’inevitabile cottarella. Non solo: con Real Life™ non può essere solo una storia di una notte, perché il romanzo è timido e si fa scoprire con lentezza, per poi premere sull’accelleratore quando capisce che avete avuto la pazienza necessaria per guadagnarvi un gran finale. Con un occhio strizzato al ritmo da bestseller e una mano protesa ai migliori esemplari del thriller europeo, Real Life™ si legge con piacere e foga (soprattutto nel finale), a maggior ragione se i nerd siete voi. E orgogliosi di esserlo.
Flavio Camilli


Giochi per il mio computer

giugno 2005

"Nel mondo virtuale potevi vivere un milione di vite, assumere un migliaio di identità e non c’era nulla di lontanamente paragonabile al rimpianto, perché potevi sempre tornare indietro, ricaricare una partita già salvata e cambiare il corso degli eventi." (Christopher Brookmyre, Real Life™) Il videogioco, com’è noto, non è una forma narrativa. Può diventarlo solo a condizione che rinunci a essere se stesso. Half-Life 2 non è una storia, ma una sequenza di azioni. Diviene una storia nel momento in cui il giocatore racconta la sua esperienza ludica a terzi ("Ho fatto questo", "Ho fatto quello", "Sono morto"). Tra il videogioco giocato e il videogioco raccontato c’è una differenza analoga a quella che sussiste tra il libro scritto e il libro letto. In altre parole, il videogioco raccontato non è un videogioco, ma è una conversazione, un film, un romanzo. Uno dei migliori esempi di "videogiochi raccontati" che mi sia capitato di incontrare negli ultimi mesi è Real Life™ di Christopher Brookmyre.
Pubblicato a maggio da Meridiano zero, questo avvincente romanzo restituisce con sorprendente efficacia l’esperienza del videogame e dei suoi effetti collaterali. Uno su tutti, l’intesa segreta tra reale e virtuale. Il protagonista è Raymond Ash, un trentenne disilluso che vive con poca convinzione il proprio doppio ruolo di padre e insegnante di inglese. Da bambino sognava di diventare una rockstar, da "grande" deve fare i conti con la vita reale. Per sfuggire alla pressione, Raymond si diletta con i videogiochi, trascorrendo intere nottate in mondi virtuali, fraggando nemici di poligoni e costruendosi una nuova identità. Le cose si fanno complicate quando riappare dal nulla un misterioso amico di gioventù, Simon Darcourt, che tutti credevano morto in un incidente d’aereo e che, invece, ha scelto la via dell’estremismo criminale. A quel punto, la vita di Raymond si trasforma letteralmente in un videogame, con colpi di scena a ripetizione, situazioni inverosimili e cadaveri in quantità industriale. Mi fermo qui per non rovinare la sorpresa.
Dei sette romanzi di Brookmyre – Meridianozero ha già tradotto in italiano tre piccoli grandi classici come Scusate il disturbo (2003), Il paese della menzogna (2001) e Un mattino da cani (2000) – Real Life™ è il più videoludico in assoluto. I suoi personaggi, pur non essendo bidimensionali, hanno un’anima di pixel. Simon, per esempio, sembra uscito dalla serie di Hitman, mentre Raymond è l’alter ego del videogiocatore-nerd che usa il divertimento elettronico per sfogare le tensioni e le insoddisfazioni della vita quotidiana. A differenza di un romanzo come Skill (Alessandra C., Einaudi, 2004), in cui il videogioco fa da fulcro all’intera narrazione – al punto che non esiste nulla al di fuori della dimensione ludica – in Real Life™ c’è un continuo accostamento tra verità e finzione, rappresentazione e simulazione. Questa strategia era già stata seguita, con grande successo, dallo scrittore inglese Ian Banks, con il thriller Complicità (Tea, 1998). Là il protagonista Cameron Colley – altro grande appassionato di videogame – ingaggiava una partita mortale contro uno spietato serial killer. L’aspetto più interessante di Real Life™ è che Brookmyre sembra voler giustapporre gli assassini virtuali – Raymond e, più in generale, coloro che spendono ore con Quake, Doom e Unreal – a quelli reali, come Simon.
Ciò che li accomuna è un senso di noia e insoddisfazione di fondo. L’unica differenza è che il videogiocatore riesce a convogliare la sua innata passione per l’omicidio di massa in un atto puramente virtuale, mentre il terrorista inventa dei pretesti (il denaro, l’ideologia, la religione), per giustificare la propria brutalità. Il primo sceglie l’introversione, il secondo l’estroversione. Fortunatamente per il lettore, Brookmyre non fa sociologia spicciola: il suo romanzo oscilla tra reale e surreale, tra puro terrore e irriverenza, esattamente come i migliori videogiochi. Il fatto che l’autore di Real Life™ viva in Scozia, patria della saga di Grand Theft Auto, mi sembra tutt’altro che incidentale. Aspetto i vostri commenti…
Matteo Bittanti


lankelot.eu
21 Giugno 2011

Immaginatevi per un attimo la situazione in cui un vostro ex compagno di studi con il quale avete condiviso lezioni, avventure sentimentali, concerti, magari anche un gruppo musicale si trasformi nel terrorista numero 1 al mondo ed immaginatevi anche di diventare voi stessi uno degli obiettivi del terrorista. Immaginatevi anche di trovarvi invischiato in una storia malatissima per cercare di fermarlo. Come vi sentireste se tutto ciò accadesse? Immaginate anche di essere una persona normale, con una famiglia, un figlio e di trovarvi sequestrato e di rischiare la morte. Riuscite a farlo? Forse no, ecco, Christopher Brookmyre, talentuoso scrittore scozzese, cerca di farvi provare questa spiacevole sensazione con Real Life™, un romanzo che Meridiano Zero ristampa a distanza di 6 anni dalla prima edizione.
Real Life™ è un romanzo scatenato, dall’andamento cinematografico, adrenalinico, cinico che più non si può, gigantesco nelle sue emanazioni, direi anche estenuante, non per tutti, pieno di sconvolgimenti, di colpi di scena, di inseguimenti e cumuli di morti, tante morti fin dalle prime pagine del prologo, che a mio avviso è la parte migliore del romanzo, più o meno 25 pagine dove impariamo a conoscere questo Spirito Nero, un mercenario votato alla missione più becera che esista: uccidere in maniera indiscriminata gli esseri umani, bombe sugli aerei, nei cinema, sui treni. Quello che desidera e ricerca è uccidere il maggior numero di persone, spinto da un odio e da un disprezzo per il genere umano che non ha paragoni, disprezzo per la gente comune, per i "Tristi Stronzi Suburbani" (TSS), quel tipo di disprezzo paranoico e di risentimento violento che cova anche dentro di noi. Odio totale per il genere umano considerato stupido, imbecille, incapace di slanci, senza qualità, triste, legato alla banalità della vita quotidiana. Lo Spirito Nero è intenzionato a lasciare il segno nel mondo con un attentato in Scozia che superi per dimensioni e numero di vittime anche l’11 settembre. Qualcosa che lo faccia ricordare per sempre. Un essere invincibile oppure una mezza sega che non è mai cresciuto, che non è capace di affrontare gli altri a viso aperto, egocentrico, banale pure lui come gli esseri che tanto disprezza? Un uomo che non accetta di commettere errori pure lui. Sulle tracce di quest’uomo si mettono Ray Ash che ha studiato proprio con lo Spirito Nero, sposato, con un figlio, un genio fallito dei videogame che non riesce a crescere e vorrebbe abbandonare la famiglia e la sua vita di professore in una scuola degradata, rifarsi un’esistenza altrove e che proprio per questo suo desiderio di cambiare vita si trova invischiato in questa caccia senza tregua; Angelique De Xavia, una poliziotta esperta di arti marziali e non molto stimata dai colleghi maschi; Murphy il Piccolo e Lexy, una coppia di ragazzini scatenati e impertinenti che credono di trovarsi in un videogames sparatutto e che finiranno per mettere in maniera decisiva i bastoni fra le ruote al gruppo di terroristi.
Real Life™ non si riduce semplicemente ad un romanzo thriller colmo di colpi di scena ma è anche una specie di ricapitolazione delle vite di ciascuno dei protagonisti. Brookmyre lentamente ci svela ogni aspetto e contraddizione nella vita di Ray, dello Spirito Nero, dei due bambini, della poliziotta e di molti altri personaggi secondari che costellano il libro e proprio a causa di questa smania di ricostruire ogni aspetto dei personaggi e del terrorismo la narrazione corre il rischio di appesantirsi, di risultare eccessivamente piena di sottotrame, di episodi del passato che spossano il lettore e che tolgono anche un po’ di mistero a tutta la storia.
 A lettura ultimata e dopo un finale davvero a sorpresa, Real Life™ appare come la celebrazione delle vite normali, dei derelitti, degli sconfitti, degli uomini buoni e semplici, qualcosa di simile al film di Alfred Hitchcock, L’uomo che sapeva troppo con James Stewart e Doris Day che si trovano coinvolti in qualcosa più grande di loro ma che comunque non si tirano indietro e combattono fino alla fine, costi quel che costi, anche se non hanno la preparazione necessaria, anche se nessuno gli crede, anche se la storia appare sempre più assurda. Un grande bisogno di famiglia, con Ray che lotta per difendere oltre che la propria nazione, anche la propria famiglia, il proprio figlio che vede minacciato dallo Spirito Nero. Certo è che quello che ne esce è che lo Spirito Nero e in generale i terroristi sono davvero delle mezze seghe, degli sfigati senza spina dorsale, almeno se confrontati ai due bambini che non hanno voglia di andare a scuola, che se ne infischiano del mondo degli adulti ma che quando c’è bisogno di fare qualcosa di grande, di mettere in gioco la propria vita non ci pensano due volte a muoversi, a sorridere, a divertirsi, a gustarsi il bello della vita che qualche imbecille vuole sottrargli.
Andrea Consonni


madeinnaples

Eterno Peter Pan costretto a diventare grande, a rinchiudere i videogamaes in un cassetto, per sempre. Il giorno in cui decide di scappare,lasciarsi tutto alle spalle sarà anche il giorno in cui farà un incontro che per lui si rivelerà fatale. Un noir scritto con estrema maestria. Da leggere e da regalare se amate i videogames, avete paura di diventare grandi e se volete essere tra i primi a leggere questo autore prima che diventi di moda.


morethanblack.wordpress.com
17 Giugno 2011

Il romanzo inizia con una serie di attacchi terroristici in varie parti del mondo e tutti riconducibili a un solo uomo conosciuto come lo Spirito Nero. Attentati devastanti con conseguente perdita di molte vite umane, ma senza alcuna particolare rivendicazione politica o religiosa. Ciò che più preoccupa la polizia britannica è che le informazioni raccolte dal MI5 indicano come il prossimo obiettivo dello Spirito Nero potrebbe essere il Regno Unito. Un attentato che, nella mente del terrorista, dovrebbe avere una tale risonanza da far passare in secondo piano l’attacco alle torri gemelle. Toccherà all’agente Angelique De Xavia, con l’aiuto di una stramba combriccola di divertenti personaggi, cercare di evitare una nuova strage.
Brookmyre racconta la storia perennemente in sospeso tra umorismo nero e mistero, tra divertimento e suspense. La scrittura e lo stile sono particolari perché l’autore si diverte a riempire le pagine con digressioni, aneddoti, personaggi secondari che a prima lettura poco sembrano avere a che fare con la trama principale, ma che alla fine risultano comunque funzionali e complementari all’intreccio narrativo.


www.musicletter.it
15 Dicembre 2008

Prendete una scuola scozzese degli anni 80, prendete una nota località considerata dagli autoctoni la regina del petrolio del nord (Aberdeen), prendete appunto uno sviluppo che non arriverà mai, prendete un ragazzo che sa farci con le donne e uno imbranato, prendete due ragazzini indisciplinati che sfuggono al controllo dei genitori, prendete un terrorista di livello internazionale, inafferrabile, che demolisce e ammazza senza alcun rimorso, al soldo di chiunque gli depositi in tasca un mucchio di soldi. Prendete, infine, una giovane famiglia e un bambino che non dorme mai che ha reso i genitori una specie di zombie. Poi una poliziotta nera che non ha credibilità, aggiungete una conoscenza del rock dell’autore seconda a nessuno, il disgusto per i Queen, l’attitudine a leggere le persone per quello che ascoltano (come in Alta Fedeltà, esatto, non lo avete mai fatto eh? Suvvia, dite la verità). Se state per shakerare il tutto aspettate qualche secondo perché c’è un accadimento, della durata di un attimo, che deve ancor a verificarsi ecco, è successo, ora potete procedere.
Ah, un attimo, please: c’è da aggiungere il lucido sarcasmo cinico e senza perdono di un quarantenne autore scozzese che non sbaglia un colpo e, anzi, guadagna proseliti a ogni nuova uscita. Real Life è un gioco, proprio un gioco di quelli di ultima tecnologia, dove si muovono attori in carne e ossa, muoiono un mucchio di persone (vere) ma dove si ride, tanto. È ovvio che si rida anche amaro, Brookmyre non ha alcuna pietà a descrivere la pochezza, anche della sua generazione di finti artisti e potenziali falliti. Della sua terra imbrigliata nel miraggio economico sul modello arabo, che non sarà mai. Dei suoi abitanti, tronfi di nazionalismo, piccoli di umanità. Real Life è un romanzo noir deviante, che aggiunge alla tradizione del genere più crudeltà nella descrizione umana e tende a non salvare nessuno.
Esce per Meridiano zero, che ha un catalogo di artisti, molti dei quali minori (ovviamente tali solo perché non ancora assurti a grande popolarità) ma che invece hanno tanto da dire e che si muove spesso nei meandri di un genere che sembrava immobile da decenni (il noir, appunto) e che invece vede crescere una nuova genia di autori, ben consci di poter omaggiare il genere stesso solo deviandolo costantemente dalle sue traiettorie oramai consolidate.
Real Life
è solo uno dei libri eccellenti pubblicati in un pugno di anni da Christopher Brookmyre, ha un paio d’anni sulle spalle ma è perfetto da regalare anche a Natale 2008. A Natale, si sa, il livello di pochezza degli uomini è inversamente proporzionato al livello di spiritualità che si vorrebbe fosse suo proprio. Restituite a Natale quel po’ di umanità facendo il percorso al contrario… solo chi conosce il male veramente e lo canta agli uomini può contrastarlo efficacemente. Leggere un libro come Real Life, infatti, rende tutti più consapevoli. Dunque, incontestabilmente, per forza più buoni.
Massimo Bernardi


Nonsolonoir
10 Agosto 2011

Raymond "Ray" Ash è poco meno (o poco più) di un nerd. È abituato ai videogiochi, certo, e quasi del tutto impreparato alle sfide della "vita reale". Tanto più che la sua, di vita, sta per porlo di fronte a problemi ben diversi da quelli che generalmente affliggono i professori di inglese come lui. Un esempio? Quanti docenti si ritrovano a fare i conti con il ritorno dal passato del fantasma di un amico tradito, con una falsa (e incomprensibile) accusa di pedofilia, con un temutissimo mercenario omicida e la sua banda? Ed è proprio questo che Ray, vittima del caso e di un incontro inaspettato e impossibile, deve affrontare. E chissà che la sua esperienza da veterano di Quake e altri sparatutto in soggettiva non finisca per tornargli utile…
Raccontato in terza persona e al passato da un narratore onnisciente che abbandona le reticenze e le piccole omissioni in uso nel genere in favore di una divagazione con funzione "narrativa" e non semplicemente "stilistica", Real Life, di Christopher Brookmyre è tutto giocato sulla convivenza, e anzi sull’alternanza, di due piani temporali che si definiscono in parallelo venendo a creare un quadro compiuto man mano che il lettore ricostruisce gli eventi della vita del protagonista.
Il meccanismo di ricomposizione, innescato dall’avvio volutamente confuso e in prima battuta incomprensibile, incredibilmente, regge la distanza: Brookmyre è un narratore di razza, e non ha certo problemi a intrattenere il lettore; nelle sue mani, la necessità di una pausa dell’azione principale o di una piccola ellissi diventa occasione per un’ironica ricostruzione dell’"indie scene" degli anni ’90, per la messa in scena dei bagordi di un gruppo di universitari o delle spacconate di una coppia di studentelli; tutti elementi, questi, che imprevedibilmente rientrano nel quadro generale.
Recentemente riproposto da Meridiano Zero nella traduzione di Anna Feruglio Dal Dan questo Real Life non sarà forse il capolavoro di Brookmyre, ma è comunque un romanzo riuscito, anche a dispetto dei lunghi brani che, letti in scaletta, rischierebbero di apparire superflui.
Fabrizio Fulio-Bragoni


Radio105, "Tutto Esaurito"
12 Luglio 2011

Chiara Beretta Mazzotta consiglia Real Life di Christopher Brookmyre (Meridiano Zero):
"Se vi piacciono i video game e le spy story ecco che avete trovato il mix perfetto! Geniale e scritto alla grande!"
La narrazione è ambientata in Gran Bretagna: Simon, un impiegato annoiato dalla routine della vita quotidiana si è trasformato in un efferato terrorista. Il suo nome in codice è Spirito Nero e tra i suoi piani a breve termine c’è quello di compiere l’attentato del secolo, quello capace di mettere in ombra i fatti accaduti l’11 settembre. A combatterlo c’è Angelique De Xavia, una donna forte in grado di gestire le situazioni più estreme. Al suo fianco ci saranno un gruppo di personaggi indimenticabili tra i quali Raymond, amico di Simon e mago dei videogiochi online.
Chiara Beretta Mazzotta


ilrecensore.com
06 Ottobre 2011

Real Life di Brookmyre sembra uno di quei thriller che, inizialmente, non ti prende. Sembra lento, farraginoso, che non riesce a trovare il bandolo della matassa e troppo caricato nel linguaggio e nelle atmosfere descritte. Eppure, man mano che si va avanti nella lettura, il lettore non riesce a staccare gli occhi da quelle pagine intrise di sangue, violenza, termini spudorati. La trama, un po’ scontata all’indomani dell’11 settembre, è, in realtà, fitta di colpi di scena e ha come protagonista lo Spirito Nero, un mercenario che uccide solamente per la "gloria". Ha compiuto i peggiori attentati degli ultimi anni ma vuole assolutamente superare se stesso in Gran Bretagna, dove ha in mente di mettere in atto un atto terroristico che farà cadere nel dimenticatoio lo shock delle Torri Gemelle. Non ha obiettivi politici, vuole solamente gli occhi dei riflettori puntati su di lui. I servizi segreti inglesi sono sulle sue tracce e, tra i componenti della task force, c’è Angelique De Xavia, bravissima nelle arti marziali, che, con l’aiuto di Raymond Ash, un appassionato di videogame e insegnante, ricostruirà l’identità del pericoloso terrorista.
Brookmyre è un genio della narrazione e si barcamena compiaciuto tra colpi di scena e fotogrammi da film, carica di adrenalina alcuni momenti fino all’esplosivo e sorprendente finale. Purtroppo, talvolta, lo scrittore scozzese si dilunga troppo in flussi di coscienza ridondanti ma la sua vena sarcastica è sempre garantita. Rende caricaturali i personaggi principali, anche il cattivo Simon Darcourt, con la sua strana visione della vita, viene sin dall’inizio descritto come un fallito, togliendogli il fascino del criminale.
Alla fine, nonostante la sua critica spietata alla società dei consumi, è il primo a prendere soldi per le sue "missioni". Darcourt rincorre solo quel successo che non è mai riuscito ad ottenere nell’arte e nella vita. Dietro l’etichetta del thriller, Brookmyre scrive una riflessione sull’egocentrismo esacerbante della società dei consumi e le sue degenerazioni, come l’evasione dalla realtà, e, attraverso una scrittura impertinente e ironica, regala ai suoi lettori una prova importante, divertente, che ha le qualità e i pregi dei migliori film d’azione hollywoodiani.
Francesco Bove


scanner.it
5 Settembre 2011

Brookmyre è un duro, e la sua scrittura entra nel sangue e percuote il nostro corpo febbrilmente, e da lettori onnivori arriviamo alla fine dei suoi romanzi con un forte appetito, e la voglia di cominciarne uno nuovo e sempre presente. La possibilità di rileggerli, ci dà il senso stretto delle sue frasi e la sua capacità di saper capovolgere l’azione, mettendo al centro un apparato narrativo digressivo ma funzionale nel far procedere la storia e mettere a posto tutti i tasselli dell’intreccio. Questo romanzo inizia con una serie di attacchi terroristici in varie parti del mondo e tutti riconducibili a un solo uomo conosciuto come lo Spirito Nero.
Attentati devastanti con conseguente perdita di molte vite umane, ma senza alcune rivendicazioni al seguito. I servizi segreti britannici indicano che il prossimo obiettivo dello Spirito Nero potrebbe essere il Regno Unito. Il piano dello spietato attentatore dovrebbe essere di una tale portata da sconvolgere l’intero equilibrio mondiale. L’agente De Xavia, con l’aiuto di una squadra di strambi personaggi, un genio fallito dei videogame, una coppia di ragazzini terribili scappati da scuola e la vedova di un marito mai morto, cercheranno ad ogni costo di evitare una nuova strage e scoprire l’identità dello Spirito Nero.
Scozzese buon sangue, Brookmyre mantiene la storia in sospeso tra umorismo nero e suspense, sempre con una traccia di divertimento assicurato. Un romanzo adrenalinico che sa crescere progressivamente, tra sequenze d’azioni e colpi di scena imprevedibile, che ci porta a un finale a sorpresa altamente esplosivo.
Matteo Merli


thrillermagazine.it

Che cosa significa "diventare grandi"? Imparare ad assumersi responsabilità, lavorare, avere meno tempo per suonare la chitarra, per giocare ai videogames, e altre cose ancora. Certo. Ma... dover affrontare un pericolosissimo terrorista, il più pericoloso del mondo? Certo che no. Eppure... Raymond Ash è proprio in quella fase in cui, diventato grande, sente il rimpianto di quand’era "piccolo". Una moglie, un bambino, un lavoro da insegnante appena ottenuto e non proprio amato. Una vita così, che scorre dentro binari comuni a milioni di mortali, in cui il problema sono i conti da pagare o il bimbo che piange la notte. E poi, un giorno, una tappa all’aeroporto, e un volto tra la folla, che sembra... sembra proprio Simon Darcourt, ex-migliore amico di Raymond. Morto qualche anno prima in un incidente aereo... Chiaro che Raymond si è sbagliato. Ma allora, quei due tizi con la pistola che gli sparano addosso a pochi passi da casa? Tutto questo mentre i servizi di sicurezza e la polizia britannica sono in allarme rosso: pare che un dittatorello africano, che ha qualche motivo di risentimento contro la Gran Bretagna, abbia commissionato un attentato contro la "perfida Albione" allo Spirito Nero, il più pericoloso terrorista mercenario sulla piazza... La data dell’attentatone si avvicina inesorabile. Raymond viene rapito. Riesce a evadere, ma l’unica che gli dà retta è la piccola, tostissima Angelique, poliziotta di colore che sta dando la caccia al superterrorista... Certo, adesso Raymond pensa che sarebbe bello poter fare un bel reset, come se fosse una partita di Doom o di Quake, ma ormai è tardi. Ormai, Raymond deve davvero diventare "grande"...
Scritto benissimo (e adeguatamente tradotto) Real Life™ è un thriller avvincente, che si fa beffe della (pallosissima) precisione documentaria alla Tom Clancy, e corre con un ritmo sempre più frenetico verso un finale spettacolare (come un videogame); ma è soprattutto un grande romanzo, pieno di vita, di intelligenza, di emozioni, senz’altro da suggerire ai critici che periodicamente decretano la "morte del romanzo". Uno di quei romanzi in cui è difficile non riconoscersi, non vedere un pezzetto della propria vita, come in uno specchio.
Un romanzo del 2001, che en passant fustiga la cieca violenza dei terroristi con feroce, amara ironia.

Da inserire:


Data di inserimento in catalogo: 13.03.2013.

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