Autore: Jason Starr
Quando Tommy Russo, attore trentaduenne con il vizio del gioco, incontra nel parcheggio di un ippodromo newyorkese il maleodorante Pete, comprende che la buona sorte non si può attendere, ma va in qualche modo provocata. Pete gli offre di entrare in società per l’acquisto di un cavallo da corsa, e per Tommy si presenta l’occasionedi lasciarsi alle spalle le delusioni di un mondo che non riconosce il suo talento artistico. D’altronde, dopo l’ennesimo provino fallito, questa volta per una pubblicità di mangime per cani, sa di aver superato quel limite che separa il giovane di belle speranze dalla promessa mancata. Ma come procurarsi in pochi giorni i diecimila dollari necessari, lavorando come buttafuori in un bar dell’Upper East Side? Dipende da cosa siete disposti a fare, pur di abbandonare l’universo dei perdenti e fare il vostro ingresso nella high class di Manhattan.
Attratto in modo inesorabile da un’umanità che sogna i soldi e il successo, le feste e le corse di cavalli, Tommy decide di sfruttare il suo aspetto affascinante e le sue abilità di attore, e finisce risucchiato in una girandola di menzogne, colpi di fortuna e cattiverie inattese, che lo spingono a percorrere a grandi passi la scala delle abiezioni, fino a varcare con una leggerezza e superficialità disarmanti la soglia del delitto.
Nel suo nuovo romanzo, Jason Starr mette in scena una commedia della falsità, cinica e spiazzante, in cui gli scherzi del caso trascinano a ritmo vertiginoso il protagonista, una sorta di American Psycho versione pop, incontro a tentazioni capaci di prevalere su qualsiasi morale e istinto sociale.
E se la spregiudicatezza sembra la via più sicura per arrivare al successo, il libro finisce per insinuarci un dubbio sottile: siamo proprio certi, in fondo, che il delitto non paga?
"Jason Starr è il primo scrittore della sua generazione
che ha attualizzato in maniera convincente la crime story,
conferendogli effetti nuovi e provocatori..."
- Bret Easton Ellis -
Autore
Jason Starr per usare un giro di frase molto popolare nel giornalismo USA di parecchi anni fa - "è la cosa migliore che potesse capitare al noir dai tempi di Jim Thompson".
Trentasei anni, newyorkese purosangue, nello spazio di cinque romanzi Starr si è inserito a buon diritto nella grande tradizione dei maestri del noir americano degli scorsi decenni: James Cain, Charles Willeford, George V. Higgins, Elmore Leonard, il già citato Jim Thompson.
E di questi maestri Starr è oggi l’erede più qualificato, uno dei pochi giovani autori di noir ad essere riuscito nella difficile impresa di coniugare temi e situazioni tipici dei tardi anni Novanta con un’asciuttezza di scrittura e un’economia di mezzi che discendono direttamente dell’età d’oro dell’hard boiled americano.
Non fosse per la sua orgogliosa rivendicazione di appartenenza al genere poliziesco, che Starr semina allegramente sia a voce, sia nelle pagine dei suoi romanzi, è probabile che da tempo i suoi libri avrebbero goduto di una ben più vasta considerazione di critica e di pubblico. D’altra parte, la relativa oscurità in cui ha operato fino a oggi ha consentito a Starr di sviluppare una cifra stilistica assolutamente originale, al riparo dalle tentazioni e dalle pressioni dell’industria editoriale, ma sostenuto da un piccolo, affezionato e sempre crescente nucleo di lettori fedeli.
Recensioni
Buscadero n.245
Aprile 2003
"Quaggiù ci sono solo vincenti e perdenti e non devi finire dalla parte sbagliata di quella linea": ci vuole Atlantic City come colonna sonora, per questi Piccoli delitti del cazzo, titolo prosaico che però rende alla perfezione l’atmosfera di un mondo, una quotidianità sempre sul filo dell’illegalità. All’inizio non è mai niente di grave: qualche sotterfugio, furti banali, quel tanto di espedienti da sbarcare il lunario. Poca roba, più stupida che fuorilegge, però la spirale non conosce interruzioni per cui ad un certo punto si arriva anche ad una rapina vera e propria e si finisce con un omicidio atroce e maldestro.
Protagonista di questa discesa nei bassifondi degna di James Cain è Tommy Russo, un fallito di primissima qualità che sogna di diventare attore ma perde gran parte del suo tempo (e tutto il suo denaro) a scommettere sui cavalli sbagliati. Da qui, l’insistente necessità di liquidi (mettiamola così) che lo espone, passo dopo passo, alle deviazioni verso the wrong side of the road, per dirla con Tom Waits.
Nella New York umida, fangosa, poco pulita e molto cupa tratteggiata da Jason Starr non ci vuole molto: basta una parola al momento sbagliato o uno scherzo del destino e tutti, chi più, chi meno, contribuiscono a spingere Tommy Russo sempre più a fondo. Chi mente, chi nasconde qualcosa, chi si ritrova invischiato, se non altro come testimone: tutta la varia umanità di Piccoli delitti del cazzo sembra concorrere a creare un’atmosfera ambigua dove la linea tracciata da Atlantic City tra vincenti e perdenti si interseca con i confini fra ordine e illegalità.
Con il ritmo di un vero e proprio thriller, Piccoli delitti del cazzo ribadisce quell’attitudine che Jason Starr aveva già dimostrato con Chiamate a freddo (un libro sicuramente da riscoprire, sempre Meridiano Zero): una scrittura noir e senza particolari pretese letterarie, ma che non concede nulla ai modelli ristretti della narrativa di genere e, anzi, li sfrutta al meglio per ridefinire mondi, caratteri ed atmosfere dove la sconfitta morale del genere umano è dietro l’angolo.
O appena dall’altra parte della linea tracciata da Atlantic City canzone il cui tema che, sarà per caso o chissà perché, coincide in gran parte con la storia di Tommy Russo, dei suoi Piccoli delitti del cazzo e di una New York che tanto innocente non è mai stata. Marco Denti Carmilla 10 Aprile 2003 Jason Starr è uno dei migliori autori hard boiled della scena mondiale.
È giovane ma si è già fatto le ossa: la sua bibliografia comprende almeno quattro capolavori contemporanei di genere, quali sono Nothing personal, Cold caller e Hard feelings, oltre al romanzo di cui qui parliamo, Fake I.D., genialmente intitolato, in edizione italiana, Piccoli delitti del cazzo. A Meridiano zero, l’editore italiano di Starr, dobbiamo già parecchio, per l’opera di intrusione dal basso verso l’alto che sta compiendo con indefettibile strategia, siringando nel panorama editoriale italiano nomi e titoli che meritano inchini e ringraziamenti: da Derek Raymond a Franz Hellens fino ai contemporanei più interessanti, come lo stesso Starr, Pagan, Françaix.
Su Jason Starr, ambliopico feroce e ridanciano, possiamo puntare tutto e lo facciamo a cuor leggero: è nel ristrettissimo novero degli eredi di quell’autentico eversore della crime novel noto al mondo col nome di Elmore Leonard. Se c’è una costante nella tradizione Usa del racconto criminale, bisogna individuarla nella violenta dialettica che si sviluppa tra Sogno Americano e Incubo Americano. Una dialettica che concerne non soltanto il sisma delle sicurezze individuali o dei protocolli giuridici che dovrebbero riflettere un sistema etico risalente ai Padri, ma anche la vocazione a imporre il disordine esistenziale a vantaggio di un Potere ineffabilmente aereo e pervasivo, che si incarna anche nel labirinto in cui l’individuo si perde e/o si ritrova, e che però esprime tutta la sua potenza nell’ambizione metafisica di imporsi quale imperativo categorico planetario. La carica universalistica della crime novel, a prescindere dalle sue declinazioni in storia acida o sarcastica o propriamente cupa, indica un’essenza inquietante della civiltà americana. E non è un caso che la critica di genere abbia individuato, quale piano privilegiato dell’assalto che l’hard boiled dà alla letteratura tutta, l’efficacia nel denunciare le storture sociali e politiche del Sistema, l’angolo di penetrazione del proiettile alienativo con cui una società votata al controllo collettivo tenta di governare e di autogestirsi.
In questo discrimine che, a priori, si sostanzia di pericolo e, più ancora a priori, del conflitto teologico tra Vizi e Virtù, Jason Starr si inserisce con una naturalezza stupefacente. La velocità e la composizione dell’intreccio, la rapidità del dialogato, il tentativo di andare propriamente in culo all’attesa dello scioglimento della suspence - ecco i mirabolanti componenti dell’irresistibile cocktail shakerato da questo promettentissimo barman del genere nero. Piccoli delitti del cazzo è la storia di Tommy Russo, uno dei personaggi più irritanti della letteratura di questi anni: attore fallimentare con il vizio delle puntate sui cavalli, Russo diventa il protagonista di una scalata al bel mondo newyorkese, sorta di autentico passaggio di casta, che permette a noi lettori di apprezzare l’immondizia antropologica e l’ipocrisia automatica irradiata da questa enorme illusione dell’apparato wasp americano: la trasformazione definitiva della lotta di classe nella sua stessa volatilizzazione, nella sua ipotetica messa in ambra, nella museizzazione del divenire sociale messo sottovetro.
Tommy Russo, prodigioso quanto inconsapevole apparato di questo Sistema che vive di menzogna e criminalità organizzata (dall’alto, a fini di controllo di massa), attraversa vicende che dipingono un antilounge tutto americano, che ha il suo padre nobile in Scott Fitzgerald. Il tutto, però, viene reso proprio in senso atmosferico, utilizzando i canoni del genere scelto da Starr per dare voce all’universa ambiguità della specie americana (una specie ormai separabile teoreticamente dal resto dell’umanità).
Un passo emblematico del dinamismo hard boiled di Jason Starr: Nel corso del notiziario mattutino passò un servizio da Marine Park, Brooklyn. Il cadavere di Debbie, coperto da un lenzuolo bianco, veniva infilato in un’ambulanza da alcuni portantini muniti di barella. L’inquadratura seguente si soffermava sul bar O’Reilly’s. L’autore del servizio spiegò che Debbie O’Reilly era la moglie del proprietario del locale, e disse anche che la notte del sabato qualcuno aveva trafugato il montepremi della lotteria del Super Bowl. Il reporter aggiunse che la polizia era sulle tracce del figlio di Frank O’Reilly, Gary, sospettato di essere l’autore del furto.
Per intenderci quanto al dinamismo di cui questo autore è capace: in poche righe Starr accenna a un omicidio, a un furto, a due drammi familiari, alla cronaca nera liminale al noir letterario, all’ossessione collettiva della vincita alla lotteria quale salvezza dalla povertà e retribuzione in terra della grazia di Dio, all’ossessione collettiva della partecipazione illusoria allo sport che il Super Bowl rappresenta per ogni americano, al passato di emigrazione dall’Irlanda, alla sostituzione automatica dell’investigatore col reporter, all’idea funebre unica che ormai l’America si consente in forma di lenzuolo bianco e ambulanza visti in piccolo schermo.
In poche righe, tutto. Leggete Piccoli delitti del cazzo e, insieme a noi, puntate tutto su Jason Starr: questo scrittore continuerà a sorprendervi, ma non per i banali escamotage con cui spesso tentano di sorprendervi i lancieri anglosassoni della letteratura hard boiled.
Giuseppe Genna
Liberazione
4 Marzo 2003
Considerato come l’erede più promettente di una "scuola" americana del noir che ha espresso autori come James Cain, Jim Thompson e Elmore Leonard, il trentaseienne newyorkese Jason Starr è riuscito nel non facile tentativo di coniugare la tradizione dell’hard-boiled con le situazioni e la vita degli anni Novanta.
La chiave per capire questo positivo incontro va ricercata nella capacità di Starr di intrecciare le sue trame gialle con un humor devastante che non arretra nemmeno di fronte alle situazioni apparentemente più paradossali. Piccoli delitti del cazzo, il secondo romanzo dell'autore americano proposto nella collana nera di Meridiano zero dopo Chiamate a freddo (1999), conferma questa felice intuizione.
Tommy Russo cerca di fare l'attore, ma al palcoscenico preferisce le tribune degli ippodromi dove lascia buona parte dei suoi soldi e resta fatalmente incastrato nella rete degli strozzini legati alle scommesse. Quando un suo conoscente gli offre la possibilità di acquistare in società un cavallo da corsa di grande talento, Tommy decide di fare qualunque cosa per racimolare la somma necessaria.
È allora che prende corpo la vera dimensione noir del libro perché, tentando di raccogliere i diecimila dollari di cui ha bisogno, Tommy quasi "inciamperà" in una serie di delitti e di cadaveri che più che alla sua mente criminale saranno il frutto di una sorta di innata goffaggine che in questo caso assume però anche i contorni della tragedia. Tommy l’attore in crisi darà così il suo meglio nell’interpretazione del ruolo di un assassino senza scrupoli, pronto a tutto pur di raggiungere lo scopo che si è prefisso.
Guido Caldiron
Wu Ming Foundation
23 Giugno 2003
Ti senti un "loser" per antonomasia ? Hai la singolare tendenza a scommettere sempre sul cavallo sbagliato ?
Sei capace di osservare, con un certo cinico distacco, la tua vita andare a rotoli e, un secondo prima che il baratro ti sprofondi, dire agli amici, arrogante: "Sto per fare il colpaccio!"?
Bene, allora Piccoli omicidi del cazzo, a parte il piccolo titolo del cazzo, fa proprio al tuo caso. Ti divertirà, diventando anche fonte di rilassamento : sei in simpatica compagnia ! T
ommy Russo sarà lo specchio nel quale rimirarti, e ammirare la perdita di senso che pervade le nostre vite per quello che è: ridicola epopea di una "road to nowhere", popolata dalla marea enorme del sottomondo contemporaneo, che vaga ossessionata dalla patologia della mente sociale a quella propria. Un flipper insulso dove sei contemporaneamente pallina e giocatore, e la buca è sempre lì che aspetta...
Un noir grottesco, divertente, assurdamente reale, che conferma l’attuale supremazia della letteratura di genere.
Veloce, senza pretese apparenti, ricco di episodi esilaranti. E solo dopo la fine una leggera inquietudine si insinua...
Wu Ming 3