Autore: Robert Wilson
In una baracca in mezzo alle palme della Costa d’Avorio, Bruce Medway trascorre i suoi pomeriggi tra la birra ghiacciata e i ricordi di un amore lontano, in attesa di un incarico che gli consenta di rimettersi in carreggiata. Peccato che il mestiere di questo avventuriero un po’ spaccone ma con una sua morale, consista nel ’risolvere i problemi’ degli affaristi europei e americani, e quindi ogni nuovo lavoro si porti sempre appresso un mare di guai.
Uno di questi guai è bello grosso, si chiama Fat Paul, fa il commerciante di video ed è in cerca di un corriere per consegnare un misterioso nastro nella capitale Abidjan. La storia puzza, ma neppure affondare nei debiti è piacevole, così Bruce finisce per accettare. L’altro guaio ha i modi eleganti di Ron Collins, ingenuo rampollo di una famiglia di commercianti di diamanti – inviato da papà a prendere contatti in un paese sconosciuto –, di cui Bruce dovrà fare l’angelo custode. A complicare il tutto c’è l’intricata situazione internazionale.
La vigilia elettorale in Costa d’Avorio è insanguinata dagli omicidi del Leopardo – un misterioso sicario che sventra ritualmente le sue vittime con un artiglio di metallo –, mentre nella vicina Liberia infuria la guerra civile. E gli Stati Uniti non hanno certo intenzione di stare lì a guardare: il golfo di Guinea è ancora una fertile terra di conquista per gli avvoltoi del primo mondo.
Flussi di armi che arrivano alle milizie liberiane passando per i porti ivoriani, traffici di legname proveniente dalle foreste tropicali, diamanti ormai convertiti nel mezzo più pratico per trasferire illegalmente capitali all’estero. Quando ritrova il corpo oltraggiato di Fat Paul, e Collins gli viene rapito sotto il naso, Bruce capisce che la chiave per uscire dalla situazione è racchiusa in quel nastro che tutti vogliono, CIA in testa: lì sono svelati i reali interessi in gioco in una guerra che fa comodo a molti.
A Medway non resta che inoltrarsi nel cuore di quest’Africa bella e ferita, ormai divenuta la scacchiera di una sfida spietata per il controllo dell’informazione e del potere.
"Un autore superbo e ricco di sfumature..."
- Giancarlo De Cataldo -
Autore
Robert Wilson è nato nel 1957. Ha viaggiato tutta la vita: durante il suo primo anno a Oxford ha girato gli Stati Uniti in bus, durante il secondo anno è arrivato fino in Nepal, con una Volkswagen. Dopo tre anni di lavoro in una compagnia di spedizioni, ha lasciato il posto per girare la Spagna in bicicletta. Appena sposato, ha trascinato la moglie per un anno in Africa.
Attualmente vive in Portogallo in una fattoria isolata, dove scrive. Con Una piccola morte a Lisbona ha vinto il prestigioso Silver Dagger Award nel 1999.
Recensioni
Pulp
Marzo/Aprile 2006
Un coktail perfetto per cacciarsi nei pasticci: debiti, whisky, un amore perduto e segnato da cicatrici mai rimarginate che bruciano anima e corpo. Costa d’Avorio, Africa occidentale, territorio dagli aspetti particolarmente complessi e roventi, soprattutto quando si tratta di imbarcarsi in situazioni che puzzano di guai quanto un cadavere in putrefazione.
Ma Bruce Medway, sebbene fedele ad una propria e personalissima morale, è uno che di mestiere risolve problemi di riscossioni, transazioni e quanto altro possa essere destinato a chi, bene o male, ha il pelo sullo stomaco abbastanza alto da destreggiarsi nella premessa vischiosa dell’intrigo.
Un po’ di denaro facile non guasta, così quando Fat Paul, un losco commerciante di video porno, gli propone di effettuare la consegna di un nastro nella capitale Abidjan, Medway accetta, e si mette consapevolmente in una situazione che precipita nella melma ad ogni passo. Nulla procede con la semplicità delle cose benedette dal fato, nemmeno l’incarico di proteggere il figlio di una famiglia di mercanti di diamanti che, alla faccia della sorveglianza, viene rapito da miliziani liberiani. Nel frattempo, misteriosi omicidi surriscaldano l’atmosfera già pesantemente tesa del paese prossimo alle elezioni, ispessendo l’aria con movimenti e inquietudini dominati da meccanismi disarticolati.
Violenza e corruzione non lasciano respiro, e il sangue che sgorga dai corpi smembrati si accatasta a complessi intrighi politici, turbinii di interessi e tossici compromessi. La scrittura forte di Wilson pulsa in un battito che ricorda lo scandire di un ritmo tribale. L’insieme tra la limpidezza morale e una realtà deludente e sconvolta dalla brutalità, forma la spettacolare visione di due forze che si scontrano in lotta con il futuro, dove entrambe, sono destinate a morire. L’una soccombe perché non ha abbastanza sostenitori per tenerla in vita, l’altra perché si frantuma nel disfacimento dell’essere umano e nella sua decadenza.
Un romanzo bruciante che accoglie i tempi della crisi e che corre, lungo un angolo di terra inquieto, inestricabilmente avvinto da intensità pura. Patrizia Burra
tuttolibri
25 Febbraio 2006
Delitti, ricatti e morte in Costa d’Avorio
Robert Wilson ha inventato una sorta di giallo coloniale che ha per sfondo quella parte d’Africa nera che ha frontiere piuttosto labili tra Costa d’Avorio, Liberia, Ghana, Burkina Faso, Togo e Bonin. Un’altra parte di mondo dove i bianchi giocano partite tremende, soffiando su rivoluzioni, traffici e disperazione.
Ne L’artiglio del leopardo (Meridiano zero, trad. di Anna Feruglio Dal Dan, Euro 15,50) ritroviamo Bruce Medway, un eccentrico "gestore di situazioni", fondamentalmente onesto e pervaso da un profondo e infantile senso della giustizia, travolto però dall’assurda aura di violenza e tradimento che trasuda da ogni poro di quel tropico. Questa volta è chiamato a far da balia al figlio di un riccastro iglese, collezionista di diamanti.
Genere che, naturalmente, fa gola a troppi. Se poi è tempo di elezioni, di colpi di stato, di delitti marchiati con l’artiglio di un leopardo, si capisce come l’impresa si presenti disperata.
Piero Soria
stradanove.it
4 Maggio 2006
A VOLTE È DIFFICILE INCASELLARE UN ROMANZO DENTRO UN GENERE. PUò RISULTARE inadeguato, o riduttivo.
Come per i romanzi di Robert Wilson: il termine italiano di "giallo" è limitativo, dire che si tratta di thriller, che presuppone uno svolgimento con un certo suspense, è già più corretto, meglio aggiungere che sono romanzi "noir" perché c’è sempre un’atmosfera cupa e densa di intrighi.
Ma, al di fuori di ogni definizione, i romanzi di Robert Wilson sono grandiosi (viene in mente il paragone con quelli di Henning Mankell), nel senso che i casi che gli investigatori più o meno di professione si trovano a indagare spaziano nel tempo, affondano nella storia e nella politica di uno o più paesi, rivelano trame governative, commerci sporchi ad alti livelli.
Non si tratta mai del piccolo omicidio di provincia, insomma. Ne L’artiglio del leopardo riappare Bruce Medway, già protagonista di Strumenti delle tenebre, pubblicato dalla stessa casa editrice. Bruce Medway accetta lavori vari per vivere o sopravvivere, beve troppo, immalinconito dalla partenza della donna che ama, e i guai che dovrebbe risolvere rischiano di sommergerlo.
Siamo in Costa d’Avorio, alla vigilia delle elezioni, la vicina Liberia è insanguinata dalla guerra civile, armi libiche transitano dal confinante Burkina Faso verso la Liberia, i diamanti sono il mezzo migliore per esportare grossi capitali, i porti della Costa d’Avorio sono ambiti dagli Stati Uniti. A Bruce Medway capitano tre lavori insieme, in apparenza distinti ma che riveleranno poi un qualche legame l’uno con l’altro.
Un commerciante di video incarica Bruce di consegnare un pacchetto ad un bianco che lo aspetterà vicino alla laguna, alle otto di sera. Quando Bruce arriva sul posto, lo sconosciuto che lo aspetta nell’auto è morto, garrotato da un fil di ferro.
Più tardi si scopre che l’artiglio del Leopardo ha infierito su di lui, sventrandolo. Stessa morte che è stata inflitta poco prima al collaboratore del presidente liberiano, ucciso dal capo di una delle fazioni ribelli. Il secondo incarico di Bruce consiste nel licenziare un tale Kurt Nielsen per conto del suo datore di lavoro – peccato che Kurt Nielsen risulti essere già deceduto in passato e doppiamente morto adesso, in quanto è lui l’uomo morto nell’auto. E infine deve fare da guardia del corpo al ricco rampollo di un commerciante di diamanti, in Africa per affari.
L’Africa di Wilson in cui si muove Bruce Medway è diversa da quella di Conrad ma sempre "un cuore di tenebra", terreno di gioco di potenze mondiali che non si fanno scrupolo di usare le guerriglie locali, un luogo dove la vita umana non ha nessun valore. Non è facile seguire la vicenda, nel romanzo di Wilson, perché è la politica stessa dei luoghi che è complicata, ma l’ambientazione è affascinante – viaggi su strade dissestate, incontri – scontri con guerriglieri bambini, pentoloni in cui bolle il karaté e in cui rischia di cadere Bruce (ci cade qualcun altro), prigioni in cui non vorremmo passare neppure mezzo secondo. La pioggia e le zanzare. La notte e i tramonti.
Una scena mozzafiato su un ponte sospeso con liane tra due confini. Morti insanguinate. A sollevare queste scene cruente il linguaggio di Wilson è un godimento, ricco di humour, brillante e con una punta di meditativa tristezza. Marilia Piccone fasen.eni.it/cultura_tempolibero Esattamente come si sviluppano le tante storie che s’intersecano sullo sfondo di una tormentatissima Costa d’Avorio, con lunghi momenti di calma apparente e poi feroci esplosioni di violenza e di sangue annodati nella stessa spirale, così L’artiglio del leopardo si avvita per gradi, stringendo sempre di più la presa su un’Africa torbida e complessa, dilaniata tanto faide tribali quanto dagli innumerevoli interessi di vecchi e nuovi colonizzatori.
Seguendo passo per passo il protagonista, Bruce Medway, si sprofonda lentamente in un mondo dove la legalità è relativa (ovvero inesistente), le regole sono dettate dalla street life (vince chi è più veloce, più attento, più armato) e dove la notte regna sovrana. Bruce Medway, a suo modo, sembra portato per essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Trova un incarico che qualunque fattorino avrebbe svolto senza fiatare (doveva consegnare una cassetta) e si ritrova implicato in una serie di omicidi. Accetta di fare la guardia del corpo, o quasi, di un giovane e aitante trafficante di diamanti e glielo rapiscono (diamanti compresi) con una perfetta azione di guerra. Nel frattempo l’Africa dei diseredati e dei loser diventa quella dei trafficanti e dei mercenari, poi quella delle guerre civili e tribali, alimentate da interessi che sono tutto meno che africani.
Come già in Strumenti delle tenebre, il noir africano di Robert Wilson suona molto realistico, intenso e credibile.
Marco Denti