Autore: Victor Gischler
Il cadavere nudo di Annie Walsh, studentessa del primo anno, giace nel letto di Jay Morgan, professore di Letteratura inglese della Eastern Oklahoma University. Ma questa è solo la prima di un’infinita serie di guai che rischiano di spingere la carriera di Morgan sull’orlo di una catastrofe. Da anni non scrive più una poesia decente e la sua carriera è finita se non riesce almeno a organizzare l’annuale reading poetico, ma il fiore all’occhiello dell’università è uno studente afroamericano che compone solo rap. E inoltre deve far pubblicare la silloge poetica di Fred Jones, che gira per il campus con un enorme gorilla dal grilletto facile.
Aggiungete un investigatore privato alla ricerca di Annie, una partita di droga trafugata, un boss con la sua gang che arriva al College per un regolamento di conti, e un ex spacciatore in fuga che si iscrive al corso di Morgan sotto falso nome. Avrete tutti gli ingredienti esplosivi della situazione.
Con un ritmo incalzante, un gusto unico per il gioco narrativo e dei fendenti noir opportunamente collocati nel plot, Victor Gischler miscela sangue e vendette trasversali, pulp e sparatorie, con gli accenti brillanti della commedia, spolverando al meglio il suo talento di scrittore. Anche i poeti uccidono consacra Gischler maestro della black comedy e autore in grado di graffiare con intelligenza e sarcasmo il mondo dell’università e quel senso di autoindulgenza che troppo spesso caratterizza i poeti dilettanti.
Uno spettacolare incrocio fra pulp, noir e commedia che ricorda il miglior Elmore Leonard.
"Victor Gischler non si accontenta
di spingere al massimo la scrittura,
la porta a danzare sull’orlo dell’abisso.
Leggerlo è un divertimento selvaggio."
- Joe R. Lansdale -
"Una delirante storia di gangster e poeti. Semplicemente splendido!"
- Washington Post -
Autore
Victor Gischler vive a Baton Rouge, in Louisiana. È autore di sette romanzi tradotti in dodici lingue, è stato a lungo professore di Scrittura creativa presso la Rogers State University, in Oklahoma, ed è sceneggiatore Marvel per fumetti come The Punisher, Wolverine, Deadpool e la nuova serie degli X–Men che ha venduto solo nella prima settimana più di 100.000 copie. Il suo romanzo La gabbia delle scimmie, che è stato nominato come miglior esordio agli Edgar Award, sta per diventare un film a Hollywood
Recensioni
Blow Up
1 Settembre 2008
Tradotto sette anni dopo la sua pubblicazione iniziale, che gli era valsa una nomination all’Edgar Award come miglior esordio del 2001, La gabbia delle scimmie è uno di quei noir diretti ed essenziali, aspro come un bourbon bevuto tutto d’un colpo, che suscita emozioni brutali come una canzone dei Ramones.
È la storia di Charlie Swift, gangster della Florida, che di mestiere uccide la gente e che sa cosa vuol dire far bene il proprio lavoro. Avrete intuito che di morti amazzati nel libro ce ne sono parecchi, specialmente quando Swift si ritrova più o meno l’unico sopravvissuto di uno scontro tra bande rivali e non può fare a meno di risalire alle cause primarie del suo problema.
Ritmo incalzante e colpi di scena non mancano, e Gischler sa trascinare alla perfezione il lettore nel crescendo inarrestabile della furia del suo personaggio. Quello che difetta al libro è forse una costruzione che vada oltre la semplice linearità, causale e cronologica, della vicenda; per questo il paragone con le sceneggiature temporalmente asimmetriche di Tarantino, del quale eredita giusto un certo gusto per il pulp, ci pare fuori luogo; e a dire il vero Gischler non mostra, in questo esordio, la stessa maturità che fu di Palahniuk o di David Peace.
Ottimo è invece il tratteggio dei personaggi, e Charlie Swift, con il suo credo nella fedeltà al padrone così teneramente fuori moda, sarebbe degno di figurare in un romanzo di Horace McCoy. Un libro che lascia comunque molte aspettative per il futuro letterario di Gischler; speriamo che la Meridiano zero non ci lasci senza seguito.
Bizarre
Buscadero
Ottobre 2008
Nelle paludi dove i Mudcrutch si sono formati, poi sciolti e poi ricostruiti, non c’è margine di trattativa.
Un ambiente suburbano fatto di locali di infima categoria, (pessimi) rock’n’roll show (Tom Petty, appunto, si è costruito una reputazione laggiù), quartieri anonimi, bar dove la vita si ripete all’infinito.
La distanza tra Gainesville e Orlando, Florida dove altre bande (quelle di Victor Gischler) affilano ben altra esperienza si misura in un paio di centinaia di chilometri, ma si tratta pur sempre della stessa, disperata geografia. L’humus ideale in cui Charlie Swift, protagonista della Gabbia delle scimmie, deve far fronte ad un travolgente susseguirsi di inganni, errori e altri misfatti che portano, neanche a dirlo, lui e tutti i disperati come lui a trovarsi dalla parte sbagliata di una pistola.
In realtà non è nemmeno facile capire quale sia quella giusta anche se Charlie Swift detto anche il Sarto rimane fedele fino in fondo al suo boss. È il capitano che affonda con la nave e rimane in prima linea fino all’ultimo cadavere, sempre nella speranza che non sia il suo, ma la sua coerenza è unica e, agli occhi di tutti gli altri, anche fuori posto.
La trama è spessa e contorta proprio perché tra doppi e tripli giochi, agenti infiltrati e traditori, pasticci e impiastri vari (come ricorda qualcuno: "il marcio è dappertutto") è difficile tenere il conto, ma a tutti gli effetti non è neanche necessario. Già dopo le prime pagine ci si trova invischiati in una lunga teoria di omicidi, sparatorie, torture, tutto il vocabolario più efferato delle gang malavitose e quindi si va giù duro con pistole e fucili sempre caldi e abbondanti, che Victor Gischler descrive e maneggia con cognizione di causa in calibri, manovre e (devastanti) effetti finali.
Non si tratta di un elemento secondario perché come ama dire Charlie Swift, se c’è qualcosa di importante sono "i dettagli. Questo distingue i professionisti dai coglioni qualunque. I dettagli".
Nella Gabbia delle scimmie è difficile trovarne uno fuori posto, tanto che, più che un romanzo, sembra già un film: frulla fotogrammi di Sam Peckinpah, Martin Scorsese e Quentin Tarantino in un’ipotetica carrellata sulla storia dei gangster movie.
Una macchina infernale che stritola anche tutti i cliché e i luoghi comuni delle storie noir e/o hard boiled in una centrifuga che funziona a pura adrenalina.
Marco Denti
D, Repubblica delle Donne
3 Maggio 2008
Si direbbe un riuscito incrocio tra la saga dei Sopranos e e il meglio del cinema di Quentin Tarantino, il poliziesco irresistibilmente comico e mozzafiato con cui l’americano Victor Gischler, già autore in patria di quattro romanzi, fa il suo esordio in Italia.
Gun Monkeys (La gabbia delle scimmie nella bella traduzione italiana), a parafrasare i gun men, uomini armati delle loro brave pistole, ma maldestri come scimmie. Criminali da strapazzo che si aggirano sulle superstrade della Florida con cadaveri dalla testa mozzata nel portabagagli, e tra un omicidio e l’altro passano il tempo giocando infinite improbabili partite a Monopoli.
"I personaggi del libro se la cavano a meraviglia con le armi da fuoco e i cazzotti, ma sono rozzi e sgraziati," spiega Gischler. "Scimmie armate (Gun monkeys) mi è sembrato che rendesse l’idea."
Avrà sicuramente pensato di farne un film. "Sì, e al momento c’è una bella sceneggiatura del romanzo scritta da Lee Goldberg che circola per Hollywood…" Ha pensato anche a un regista? "Robert Rodriguez o Tarantino. Adoro il buon cinema pulp. Ma alla fine mi basterebbe che venisse fuori un buon film." Colonna sonora? "Direi un mix eclettico-delirante: Warren Zevon, Johnny Cash, Jethro Tull… e un po’ di Frank Sinatra, per cambiare il ritmo." È la musica che ascoltava scrivendo il romanzo? "Sì, ma ascoltavo anche Rod Stewart, Ben Folds, Neil Diamond e gli Abba…
Lo so, non è molto hard-boiled ascoltare gli Abba, ma a me piacciono. So che è difficile crederci, ma per lo più io scrivo guardando il golf in tivù.
È uno sport che puoi seguire distrattamente, un’occhiata di tanto in tanto, e se sei fortunato becchi anche un bel tiro di Tiger Woods." Nella nota biografica dice che dorme sette minuti a notte… sul serio? "È un po’ esagerato, ma è vero che bevo litri di caffè nero e resto sveglio fino a tardi… Ultimamente sono sempre stanchissimo. Forse avrei bisogno di dormire un po’ di più."
Tiziana Lo Porto
il manifesto
10 Luglio 2008
L’uscita di scena del killer che giocava a Monopoli
Leggendo La gabbia delle scimmie, noir di Victor Gischler (accasato come James Lee Burke in Louisiana) recentemente pubblicato da Meridiano Zero, il pensiero corre ad un piccolo gioiello del cinema americano: Chi ucciderà Charley Varrick? diretto da Don Siegel e uscito sugli schermi nel 1973. Non per particolari similitudini della storia ma per il ribaltamento del finale che scardina il meccanismo altrimenti consueto del genere. Nel film di Siegel un rapinatore qualunque svaligia una banca di provincia solo per scoprire che si tratta di una delle basi di riciclaggio del denaro della mafia ritrovandosi in questo modo alle calcagna tanto i poliziotti quanto killer prezzolati.
È noto il fatto che di un noir non si deve mai svelare il finale, ma nel caso de La gabbia delle scimmie il finale opera un vero e proprio tradimento del meccanismo narrativo che preside il noir. Nel romanzo di Gischler un placido (se così può essere definito un killer) caposquadra dei tirapiedi di Stan, boss della mala di Orlando, Florida, preferisce stare nel bar che fa da sede alla squadra giocando a Monopoli piuttosto che andare ad eseguire i lavori commissionatigli, per quanto metta in essi tutto il proprio impegno ed una bravura certo non trascurabile. Il problema è che i boss di Miami vogliono scippare al boss di Orlando il suo giro d’affari ed organizzano un bel cambio della guardia eliminando tutte le sue forze in campo.
Unico baluardo contro di loro si erge Charlie Swift, questo il nome del killer protagonista del romanzo. Non solo perché, abbastanza casualmente, si ritrova tra le mani una valigia con i documenti contabili del boss di Miami, assai appetiti sia da questo che dalle forze dell’Fbi, ma soprattutto per un inedito senso di lealtà che gli impedisce di abbandonare il vecchio capo anche quando capisce che egli non è più in grado di reggere il gioco. Proprio come il Charley Varrick interpretato da un superbo Walter Matthau, Charlie Swift non perde la testa ed organizza in maniera geniale non solo la vendetta contro chi ha tradito la «famiglia», ma anche una magistrale uscita di scena che gli permetta non solo di levarsi dai guai, ma di guadagnarci pure. In questo modo, sia per il romanzo di Gischler, sia per il film di Siegel è mantenuto il mood del noir assieme al lieto fine.
E questo accade grazie alla proposizione di un protagonista "cattivo" ma «simpatico», abile ed a suo modo sostenitore di principi che non appartengono agli altri malviventi ma neppure alle forze dell’ordine che pure dovrebbero rappresentarli. Grazie alla sotterranea (ma non troppo) vena d’humour con cui l’autore ed il regista riescono a stemperare anche i momenti più drammatici.
Che, per altro, non mancano nel romanzo, ed anzi riesce quasi incredibile che La gabbia delle scimmie sia "solo" il romanzo d’esordio di Victor Gischler visto come l’oliatissima narrazione viaggia sicura ed avvincente sempre con l’occhio ai meccanismi hollywoodiani. È dunque da vedersi in maniera estremamente positiva il fatto che una casa editrice come Meridiano zero, attenta alle novità del panorama noir e dintorni, abbia deciso di acquisire i diritti di traduzione per questo autore, che potremo anche incontrare a dicembre durante la prossima edizione del Courmayeur Noir In Festival. Francesco Mazzetta
Milanonera
Luglio 2008
Scrivendo questo libro non può non avere pensato al cinema…
Infatti so che c’è già una sceneggiatura pronta. Ce ne vuole parlare?
- Lo sceneggiatore è Lee Goldberg, un veterano di Hollywood che ha lavorato in molti spettacoli televisivi, compreso il famoso "Detective Monk". Io lo conosco di persona e so che ha una gran passione per le belle storie. Mi piacerebbe raccontarvi del regista che vogliono per il film, ma siccome non è stato firmato ancora niente, non voglio contribuire a spargere voci non confermate. La sceneggiatura cambia qualcosa rispetto al libro, ma il risultato è maledettamente buono! Spero che il film riesca bene e magari che attiri un po’ d’interesse anche sugli altri romanzi.
Gli echi di Tarantino sono forti nel suo libro. Concorda? Conosce i B-movies poliziotteschi italiani cui Quentin si ispira?
- C’è un film di Kubrick, The Killing (Rapina a mano armata, 1956), che so ha ispirato Tarantino, e mi è piaciuto molto. Non sapevo dei film italiani, ma adesso voglio assolutamente vederli. Per piacere fatemi sapere quali sono e li vado subito a noleggiare. Io sono un grande fan di Tarantino, ma lui è solo uno dei tanti che mi hanno influenzato. Mi piacerebbe poterlo incontrare e magari discutere di lavoro davanti a un bicchiere di birra. Tutto quello che fa è stupendo, e io adoro in particolare i film Kill Bill. Mi ricordo quando cercavo di trovare un agente, dopo aver scritto La gabbia delle scimmie, e uno mi ha risposto dicendo che il romanzo assomigliava troppo a quello che fa Tarantino. Io ho pensato, ma come diavolo si fa ad assomigliare "troppo" a Tarantino? È come dire che sei "troppo" bravo…
Il suo romanzo è ambientato in Florida. Finalmente noi Eurorei non l’assoceremo più soltanto a CSI Miami… Quanto si presta per un noir spietato quello stato assolato?
- Ho studiato all’Università della Florida, a Orlando, e così ho ambientato lì il romanzo semplicemente perchè conoscevo il posto. Inoltre tanti, troppi romanzi si svolgono nella più seducente Florida del Sud (Miami, le isole Keys, ecc.), ma non avevo mai sentito che ce ne fosse uno ambientato a Orlando che è proprio nel centro dello stato. Mi è sembrata un’ottima idea.
Chi sono i suoi modelli letterari?
- Raymond Chandler, Kurt Vonnegut, William Faulkner, Mike Resnick, Jim Thompson, il mio amico Scott Phillips, Christopher Moore, Elmore Leonard e Hemingway.
Lei ha insegnato per anni scrittura creativa. Onestamente: per diventare scrittori servono davvero questi corsi?
- Molto spesso gli scrittori veri hanno bisogno di un veterano per affinare il loro talento. Anche Tiger Woods ha un allenatore per mettere a punto i suoi leggendari cambi di swing. C’è qualcuno che non diventerà mai uno scrittore, qualcuno che non avrà mai bisogno di un consiglio, ma resta ancora un sacco di gente tra i due estremi…
a cura di Paolo Roversi
Mucchio Selvaggio
Giugno 2008
Orlando, Florida.
Semplicemente mozzafiato le prime pagine: Charlie Swift è un sicario al soldo dell’anziano capoclan Stan. Nel corso di un ’lavoro’ apparentemente senza rischi, elimina un complice pur di fornire un cadavere al temutissimo committente dell’omicidio. In questo modo si espone alle ire di due boss: il proprio, perché gli ha eliminato un uomo; il committente, perché gli ha consegnato il corpo di un altro. Di entrambi, comunque, perché li sta ingannando. È il prologo di una serie di rovesci, in qualche modo addolciti dalla conoscenza di una donna, l’ex-moglie di un balordo che Charlie stesso ha tolto di mezzo. I goodfellas di Gischler vivono da padroni del mondo nel loro piccolo regno, da O’Malley.
Il retro del locale, dove dettano legge, è detto "la gabbia delle scimmie ". Stan-il-grande-capo ordina, loro eseguono. È facile vivere così. Charlie sta in mezzo, è una specie di sotto-capo. Scommesse, ricettazione, prostituzione, e se qualcuno sgarra, kaputt. L’omicidio è all’ordine del giorno. Ma è in arrivo un uragano che sta per spazzare via quel mondo e Charlie colleziona un inaudito numero di omicidi per tentare di fermare la valanga di fango che gli sta cadendo addosso.
I riferimenti che vengono in mente sono svariati: Jim Thompson, Joe R. Lansdale, Elmore Leonard, David Goodis. Gli elementi salienti nella scrittura di Gischler, valsi all’autore la nomination all’Edgard Award, sono la sfrontatezza diretta e senza fronzoli nel rivolgersi al lettore, la violenza naturalistica e necessaria, la capacità di tenere a bada l’elemento del suspense, senza rinunciare a una dose di humour cinico e nero. Se l’esordio di Gischler mantenesse per tutte le sue 250 pagine la stessa cifra delle prime trenta, sarebbe semplicemente mostruoso.
Ma nonostante ciò fatalmente non sia possibile, il romanzo è riuscito e merita tanto di cappello, per la tensione che non cala mai, per l’esemplare cattiveria e la geometrica precisione.
Gianluca Veltri
Rolling Stone Magazine
Giugno 2008
Charlie fa bang bang
Si chiama La gabbia delle scimmie ed è un noir ultraviolento ambientato in Florida. Mettete un killer ultraferoce, ma sempre leale, al centro di una battaglia tra vecchia e nuova malavita e il gioco è fatto. Quattro chiacchiere con l’autore, Victor Gischler. Nell’intervista-monumento con FranŤois Truffaut, Alfred Hitchcock parlava di MacGuffin, quell’elemento che fa da punto di partenza per la storia e ne rappresenta il fattore scatenante. Lo considerava indispensabile per la riuscita di un plot narrativo. In La gabbia delle scimmie di Victor Gischler, tradotto da Carlo Prosperi e Marina Rotondo per Meridiano zero, il MacGuffin della situazione è una valigetta (ogni riferimento a Pulp Fiction è lecito) di documenti compromettenti, registri contabili che mostrano nero su bianco il riciclo di denaro sporco in una importante e feroce organizzazione criminale. Gischler scrive duecento e passa pagine fitte di azione, corruzione, ammazzamenti più che a sangue freddo, tradimenti e fedeltà, ambientate a Orlando, Florida. Ripropone il classico passaggio, molto traumatico, tra vecchia e nuova malavita.
Al centro della vicenda, Charlie Swift, killer di professione, uomo tutto d’un pezzo, con umani cedimenti, legato al suo capo, l’amatissimo Stan. La sua è la classica fuga, uno contro tutti. Finale top secret. Due chiacchiere co
n Mr. Gischler ci stanno bene. Nel libro, scritto nel 2001, Orlando appare come un crocevia di merce rubata, taccheggio, riciclo denaro sporco. È ancora così? Credo che Orlando abbia la sua quota di crimine come ogni altra città, ma in realtà non so niente sulla natura di quel crimine. Il mio racconto del mondo criminale è pura fantasia. Rispetto molto quegli autori che fanno ricerca sul campo, ma io scrivo lasciandomi andare all’ispirazione. Il mio unico scopo è creare una storia buona, anche se vuol dire tirar fuori una storia dal nulla che è quello che faccio abitualmente. Charlie Swift è purissima sostanza di killer e non c’è alcuna idea di redenzione nella sua storia?
Non sei interessato alla questione morale? Charlie ha il suo codice di comportamento e non gli importa se è in sintonia con quello di altri o no. Pensa di poter risolvere molti problemi schiacciando un grilletto, la qual cosa gli rende quasi impossibile avere problemi morali. Ha semplicemente un punto di vista diverso su cosa è morale rispetto al sentire comune. La lealtà è probabilmente la sua più grande virtù.
Il tuo libro è un noir, ma è anche, a modo suo, una tragedia… Penso che abbia elementi tipici del noir, ma ha anche un lieto fine che non è così classico in quel tipo di letteratura. Il Noir, come genere, è abbastanza inclassificabile. Se vuoi vedere una bella rissa tra scrittori di mistery durante una convention, chiedi a qualcuno di loro di definire il genere noir. Charlie ha 40 anni.
Mi sono distratto o non c’è in tutto il libro una sua descrizione fisica? Volevo che fosse giovane abbastanza per essere in grado di affrontare tutte le cose fisicamente impegnative che gli capitano nel libro, ma anche adulto abbastanza per sapere già come vanno le cose del mondo. In effetti, non lo descrivo mai fisicamente. Volevo che i lettori gli dessero la fisionomia che preferivano. Per quanto mi riguarda, mentre scrivevo il libro avevo in mente il Gabriel Byrne in Crocevia della morte dei fratelli Coen. I tuoi riferimenti letterari?
John D. MacDonald è stata una prima influenza. Poi James Crumley ha scritto libri molto divertenti. Ma la gran parte del mio lavoro ha un forte senso satirico, e in questo senso Kurt Vonnegut è stata una grande influenza. Ma non ci sono solo i libri. Di grande ispirazione sono stati anche i film di Sam Peckinpah, Quentin Tarantino e Sergio Leone. Charlie è protagonista di altri tuoi romanzi? Prima o poi potrei anche dare un sequel a La gabbia delle scimmie, ma non mi vedo a scrivere una serie. Non so quanto riuscirei a mantenere interessante un personaggio per diverso tempo. La gabbia delle scimmie sarebbe un ottimo film. Niente in programma?
C’è un’ottima sceneggiatura già scritta e si sta pensando all’interprete. Spero vada in porto.
a cura di Franco Capacchione