Autore: Andrej Longo
11 settembre 2001. A Napoli un uomo spia dalla finestra una donna, che si offre al suo sguardo dalla casa di fronte in un gioco di eccitante seduzione. Sono più o meno le tre di un giorno qualsiasi ma, da fuori, un evento irrompe, destinato a fissarsi per sempre nella memoria collettiva. Tutti i protagonisti sono colti in quel preciso istante – il crollo delle torri trasmesso dalle televisioni – che corrisponde a un momento decisivo della loro esistenza.
Più o meno alle tre dell’11 settembre 2001, a Napoli c’è chi viene abbandonato dalla moglie dopo un pomeriggio al mare, chi è coinvolto in un gioco voyeuristico con la compiacente vicina di casa, chi spara per sentirsi grande, chi apprende di avere un cancro ai polmoni, chi entra casualmente in possesso di una grossa somma di denaro. Omicidi e liberazioni, separazioni e licenziamenti, che convergono verso la pizzeria da Tòtore, in una continua contrapposizione tra la drammatica spettacolarità dell’evento mediatico che travolge la metropoli statunitense e la solitudine in cui si dibatte il dolore quotidiano di quelle vite.
Un’umanità fatta di peccatori e perdenti, di gente che si affanna e si arrangia, sopravvive e muore, in una calda giornata dei primi di settembre. Storie accompagnate da uno stile che è la musica del racconto, all’occasione febbrile e sincopato come un rap napoletano, o lento e malinconico come un blues metropolitano. L’anima del romanzo è l’originalità di un autore, napoletano doc, che conosce la materia che descrive, le facce che ritrae, i sentimenti, i suoni, gli odori della sua città: una Napoli caotica e fatalista, disperata e sognatrice, che affida ugualmente il suo destino a san Gennaro e ai 99 Posse.
"Un acquarello sotto il Vesuvio;
un libro bello e toccante."
- L'Espresso -
Autore
Andrej Longo è nato a Ischia. Ha scritto testi per la radio, il teatro e il cinema. Dopo il suo esordio con Meridiano zero ha pubblicato Adelante (Rizzoli, 2003) e Dieci (Adelphi, 2007).
Recensioni
L’Espresso
29 Agosto 2002
Acquerello sotto il Vesuvio
Napoli raccontata da Andrej Longo è un microcosmo in cui si riflette l’universo intero: la grande storia, con il suo ultimo drammatico episodio dell’11 settembre 2001, e la piccola storia dei tanti personaggi descritti nei brevi racconti di Più o meno alle tre.
Diciassette vicende di vita quotidiana a cui fa da sfondo l’attacco alle torri gemelle. Tutti i protagonisti parlano con la propria voce e sono colti in quel preciso ’istante’ - il volo suicida visto in televisione -, che corrisponde a un momento decisivo della loro esistenza. Più o meno alle tre dell’ 11 settembre a Napoli c’é chi viene abbandonato dalla moglie dopo un pomeriggio al mare, chi apprende di avere un cancro ai polmoni, chi è ucciso per un rapporto sessuale adulterino, chi è licenziata dal lavoro di parrucchiera, chi si trova in possesso di grossa somma di denaro.
La lingua utilizzata da Longo è ritmica, pastosa, del tutto adeguata ai propri personaggi, e nel complesso assai poco letteraria; il napoletano diventa uno strumento perfettamente accordato, e ogni episodio ha il tono e le mosse linguistiche giuste. Questo non significa che la sua scrittura, sempre carica di ironia, malinconia e crudezza, sia naif, al contrario. Anche l’impianto narrativo è ben congegnato: ogni storia riacciuffa personaggi e dettagli dalle storie precedenti, così da intessere un mosaico fitto di vicende, in cui il punto di vista è continuamente spostato.
C’è tuttavia un baricentro fisico, evidentemente biografico, la pizzeria da Totóre: lì convergono e si dipanano tutte le storie. L’abilità di Longo consiste nell’evitare il patetico e nello sfiorare la profondità dei sentimenti umani. Coglie l’essenza di una vita restando sempre sulla superficie; la continua contrapposizione tra la metropoli statunitense - cuore pulsante dell’economia mondiale - e una Napoli balzana - dove non si esita a sparare per uno sguardo insistente- tra la drammatica spettacolarità di un evento mediatico e la solitudine in cui solilamente si consuma il dolore quotidiano, rende ancora più secca e aspra la benché minima nota tragica. E non ve dubbio che la lingua napoletana, con le sue insistenze musicali, funzioni da lente d’ingrandimento. Longo fa largo uso del dialogo, riduce al minimo le descrizioni, è paratattico e brioso; ha ritmo.
La sua musica sincopata e febbrile scorre veloce, altrimenti la cadenza del racconto si spezzerebbe. Un debutto letterario che convince; un libro bello e toccante.
Marco Belpoliti
freakout-online.com
Io, quel giorno, volevo cazzeggiare su internet invece di lavorare e non ci riuscivo. Non potevo contattare il responsabile della rete aziendale perché sa mi piace cazzeggiare quando non c’è niente di produttivo da fare, "non sei proattivo," mi dice spesso in pausa caffè, ma non capisco cosa intende dire. Quel pomeriggio, niente: tornato dalla pausa pranzo da un’ora, controllato quello che c’era da controllare e poi niente. Un collega che controlla la borsa con i terminali Bloomberg (proprio lui, quello che è diventato sindaco…) viene nel mio ufficio e ci mette al corrente dei fatti di New York: le torri, gli aerei, i morti, tutto. Ci vuole della bravura per non scadere nella retorica e nello sciacallaggio.
Ci vuole una penna (o una tastiera…) ispirata per creare un microcosmo, a Napoli, o meglio attorno alla pizzeria Tòtore, dove c’è gente che vive le più originali banalità: dalle seghe in onore della dirimpettaia zoccola ed esibizionista, al matrimonio di una figlia, all’ennesimo colpo di scena di una "telenovella".
Poi però ci sono quelle immagini alla televisione e per un po’ (da questa parte del mondo) ci si sente piccoli piccoli, ma subito dopo ci sono problemi di sempre: le immagini alle televisione non fanno dormire o fanno fare brutti sogni, ma i cazzi amari sempre là stanno e ci tocca comunque affrontarli.
Massimiliano Zambetta
Linus
Agosto 2002
È uno degli esordi letterari decisamente più interessanti dell’anno, questo libro del napoletano Andrej Longo. E forse non è un caso se la casa editrice Meridiano Zero, vera garanzia di qualità nell’ambito della narrativa poliziesca, abbia deciso di pubblicarlo come primo autore italiano all’interno della sua già celebrata collana di noir internazionale. Del resto, l’autore stesso vanta una biografia che sembra tratta da un romanzo, alternando il lavoro di scrittore (per il teatro, per la radio, per il cinema), con quello, concretissimo e partenopeissimo, di pizzaiolo.
E in questa miscela biografica fra letteratura e quotidianità sta il fascino di questo romanzo in forma di racconti. Lo spunto è geniale: presentare una variopinta carrellata di personaggi cogliendoli tutti nello stesso momento, quell’infausto 11 settembre scorso, quando l’America è crollata in ginocchio e il resto del mondo assisteva attonito davanti alla tv.
Succedeva "più o meno alle tre", come dice il titolo. Ed ecco allora come hanno vissuto questo evento un poliziotto, una prostituta in carrozzella, una banda di teppistelli, una coppia di camerieri, due sciampiste, e così via...
Fotografia di Napoli e dei suoi abitanti di fronte a una tragedia globale, vissuta con angoscia, partecipazione, indifferenza a seconda dei personaggi. Divertentissimo, acuto, con una lingua che è un piacere leggere, questo libro si fa divorare d’un fiato e ha il gusto delle belle sorprese.
Matteo B. Bianchi
il mattino di Napoli
18 Luglio 2002
Il romanzo d’esordio di Andrej Longo Un pizzaiolo che sforna libri "Mi pago la libertà di scrivere" In una giornata come tutte le altre, l’11 settembre 2001, dall’altra parte del mondo. Più o meno alle tre, romanzo d’esordio del napoletano Andrej Longo, ultima scoperta della meritoria casa editrice padovana Meridianozero, ruota attorno all’attentato alle Twin Towers. Ma qui l’evento apocalittico è declinato in chiave minimalista, in una Napoli caotica e sgangherata, brulicante di vite e di storie intrecciate tra loro da una notizia che arriva puntualmente a mettere a nudo un personaggio o un aspetto della sua esistenza, di volta in volta drammatico, grottesco, ironico, desolante, ma anche imprevedibilmente fiducioso.
Dal voyeur che spia dalla finestra del bagno la sua compiacente vicina di casa alla prostituta africana costretta su una sedia a rotelle da una mina anti uomo; dalla ragazza che partorisce nell’auto in panne ai bordi della tangenziale, assistita dalla madre, all’attrice di telenovelas in piena crisi d’identità, allo scugnizzo che spara per sentirsi grande: Longo disegna un mosaico di short cuts, storie legate tra loro da parallelismi dalle sottili venature surreali, alla Kieslowki, catturate nel loro rituale quotidiano da un racconto polifonico.
Lo stile dialettale e colloquiale del romanzo (è viva la lezione teatrale di Eduardo e Viviani) è misurato su un ritmo ora febbrile e sincopato come un rap, ora lento e malinconico come un blues metropolitano.
Poco più che quarantenne, Andrej (il padre aveva una passione per Guerra e pace) è nato a Ischia e vive a Roma. Alterna la sua attività di scrittore (ha alle spalle anche un’esperienza di sceneggiatore per cinema, radio e teatro) alla professione di pizzaiolo in giro perl’Italia: "Mi sono pagato così - spiega - la mia libertà di scrivere. Quello del pizzaiolo è un mestiere che mi permette di conoscere ambienti e personaggi, di entrare nella vita delle persone, un osservatorio straordinario per uno scrittore.
Ma restano due attività separate: quando faccio le pizze vivo, e la scrittura la lascio da parte. L’idea di un romanzo attorno all’11 settembre è nata quasi per caso. L’evento dell’11 settembre in qualche modo ha cambiato la nostra vita e così ho cercato d’immaginare che cosa poteva rappresentare per delle persone comuni, magari le stesse che incontravo alla stazione di Mergellina.
E come per incanto, quelle persone hanno cominciato a rispondermi, raccontandomi le loro storie. Ground Zero per i personaggi del romanzo rappresenta una specie di "verginità persa", un punto di non ritomo. È un momento culminante che accade nella pratica delle loro vite; qualcosa che li fa cambiare, mostrandogli che la vita stessa è molto più complicata del previsto.
E benché siano tutti personaggi napoletani, di bassa estrazione sodale, semplici, io li vedo come rappresentanti deil’intero Occidente. Rappresentanti di una borghesia mascherata, simile a tutta la borghesia occidentale".
Fabrizio Coscia
il mattino di Padova
la tribuna di Treviso, la nuova Venezia
3 Agosto 2002
Nello stesso momento delle Torri PIZZAIOLO E SCRITTORE.
In entrambi i mestieri si usano le mani, ma non per questo vanno spesso in coppia. Andrej Longo, invece, alterna il mestiere di pizzaiolo e quello di scrittore, forte di una nascita napoletana, anzi ischitana, che sembra influenzare tutte e due le attività. Il suo romanzo di esordio, edito dalla padovana Meridiano zero, si intitola Più o meno alle tre ed è uno spaccato che ricorda opere cinematografiche come L’ingorgo in cui una serie di storie si legano tra loro per pura coincidenza di spazio e di tempo.
Solo che stavolta la coincidenza è tutta particolare, perché tutte le vicende si svolgono l’11 settembre tra le 15 e le 16, ovvero il momento dell’attacco alle torri di New York. Non si tratta solo di un pretesto, chiaramente, piuttosto di un parallelismo, di un movente analogico, perché mentre a New York bruciano migliala di vite, anche in una Napoli estiva e rassegnata tante vicende personali implodono ed esistenze finisco e rinascono. Andrej Longo scrive con una certa leggerezza, qualche volta sembra quasi con fragilità, eppure questo spaccato in qualche modo acquisisce durezza man mano che le storie si sommano e vengono a comporre un quadro devastante, dominato da una disillusione di fondo, cui si contrappone solo qualche brandello di speranza. Longo racconta di morti ammazzati, di separazioni annunziate,di licenziamenti, di paradossali liberazioni, come quella di Alima, che una guerra ha fatto arrivare in Italia senza gambe e che trova la sua normalità nel mettersi in vendita. Il tutto raccontato in una lingua venata di napoletanità, efficace nei dialoghi soprattutto e nei toni tenui, mai urlati, e proprio per questo più incisivi.
Nicolò Menniti-Ippolito
Mucchio Selvaggio
16 Luglio 2002
Questo libro è una doppia sorpresa, sia perché rompe, o almeno sospende, la lunga allergia di Meridiano Zero nei confronti degli autori italiani, sia perché, escludendo gli instant book, è il primo romanzo, o almeno uno dei primi, a fare i conti con I’evento traumatico dell’11 settembre. E nel complesso si tratta di una piacevole sorpresa. La storia assomiglia per struttura a uno dei capolavori di Bob Altman, Short Cuts, con un infinità di personaggi colti nella più banale quotidianità e un evento che incombe sui loro destini incrociati, anche se non direttamente e prepotentemente come nel film. La location è Napoli, pulsante, caotica, povera e canicolare come non mai, e nella capitale del fatalismo è facile che le immagini sconcertanti delle torri in fiamme giungano come monito, o come principio dell’apocalisse, a scuotere le vite disordinate e spesso al limite della legalità di tanta gente comune. Ecco allora la galleria di ’peccatori’ (anche se, a onor del vero, nessun indizio autorizza lettura tanto religiosamente allegorica): c’è l’attrice della telenovela di culto (Vesuvio Love) incinta naturalmente dell’uomo sbagliato; c’è la nera senza gambe che fa pompini in casa per sentirsi ancora viva; c’è il donnaiolo impenitente che scommette su una scopata e vince, ma poi perde la vita; c’è il quattordicenne armato di pistola che uccide e vendica meglio di una iena di Tarantino; c’è la ragazza che partorisce Speranza in tangenziale... e tutti i colori, i clamori, la disperata vitalità della città partenopea, senza dimenticare i topoi della pizzeria, di Castel dell’Ovo, di San Gennaro e dei 99 Posse... Tanto sovraffollamento di personaggi e di luoghi comuni rischia in effetti il bollo del folkloristico, tanto più perché la tragedia delle Twin Towers rimane davvero solo un pretesto esterno e lontano per un raccconto corale fortemente connotato di napoletanità. Tuttavia Longo é bravo a dosare le storie e i tempi dell’azione, ad alternare il dramma visto in tv alle piccole e grandi tragedie che si consumano in città, e soprattutto sa giocare con una lingua sgrammaticata e gergale che rende sempre vivace e a tratti comica la lettura del libro. Certo si richiede un po’ di orecchio e tanta tolleranza nei confronti dell’esuberanza e dell’approsimazione, anche linguistica, dei vesuviani.
Maura Murizzi
Pulp
Novembre 2001
"Avete saputo il fatto dell’America?" Questa domanda circola ossessiva nella Napoli metropolitana del romanzo d’esordio di Andrej Longo, scrittore ferocemente partenopeo che ci getta in una realtà urbana più che mai eccessiva, assolata, sudata, fuori controllo. Soprattutto brulicante, perché colta attraverso immagini multiple, come vista dalle mille telecamere che vigilano sulle nostre città intercettando segmenti di vita più o meno familiari. Longo racconta diciassette microstorie fulminanti che non formano una raccolta di racconti brevi, ma compongono un romanzo sui generis: frammentato, corale, attraversato da prostitute paraplegiche, pizzettari intraprendenti, aspiranti camorristi, star delle telenovelas, rapinatori fai-da-te e quant’altro. Tutta gente che appare e scompare, s’affanna e s’arrabatta, sopravvive e muore in una calda giornata dei primi di settembre del 2001. Ma non una giornata qualsiasi. C’è "il fatto dell’America"; quella giornata è il nine-eleven, la caduta delle torri, l’apocalisse a Manhattan. Nell’assolata e assonnata giornata napoletana dei personaggi di Longo, tra un piatto di cozze e una pizza margherita, irrompe un altrove terrificante e incomprensibile, "un palazzo di duemila metri che cacciava fumo, vicino a un altro palazzo alto uguale". Su tutte le microstorie del romanzo, centrate attorno all’ultra-napoletana pizzeria di Tótore, incombe l’immagine mediatica del disastro d’oltreoceano, probabilmente rivelazione del più lento disastro di Napoli e dei napoletani. Perché Napoli e New York sono più o meno alla stessa latitudine - e non solo sulle carte geografiche. Così il pregio di questo libro caleidoscopico e velocissimo non sta solo nel ritmo, nei dialoghi più veri del vero, nella capacità dell’autore di rendere perfettamente la pulsazione dell’unica vera metropoli della nostra Italietta, ma nell’aver scritto un romanzo post-napoletano del terzo millennio, un vero romanzo globale, ben dentro l’era del NASDAQ e delle reti informatiche. Accattatevillo!
Umberto Rossi
repubblica.it
21 Giugno 2002
11 settembre, più o meno alle tre. ...il terzo libro è il più piccolo dei tre. È di un italiano, Andrej Longo. Si intitola Più o meno alle tre, per Meridiano Zero. Sono 17 storie di personaggi tutti in rapporto tra loro, 17 punti di vista, 17 modi in cui un giorno, più o meno alle tre, l’orrore è entrato nelle loro vite. Sono immigrati, killer di camorra, prostitute, gente normale, lontanissima dai centri di potere occulti di cui parla Meyssan. Ognuno di loro stava facendo qualcosa quel giorno più o meno alle tre. Quell’11 settembre. Come ognuno di noi.
Dario Olivero