Autore: Dave Zeltserman
Mary Williams è una studentessa dal sorriso affascinante e dai modi schivi. È stata adottata vent’anni prima, e ora per lei scoprire la verità sui propri genitori naturali è diventata una specie di ossessione. Johnny Lane è un investigatore privato di successo.
Un piccolo ufficio, la bottiglia di whisky nel cassetto, tutti i casi brillantemente risolti. Tiene una rubrica sul giornale cittadino, dove racconta al grande pubblico i segreti del suo mestiere. Los Angeles anni Quaranta? No, Denver anni Duemila. Quando Mary si presenta nel suo studio, il detective non ha esitazioni. Rifiutare un caso del genere non sarebbe nello stile di Johnny Lane: una ragazza semplice e bisognosa, tanto diversa dalla feccia con cui è costretto a misurarsi ogni giorno; un’indagine relativamente facile, ma i cui scopi sono così umani e condivisibili. Johnny accetta di seguire il caso gratuitamente: nel suo lavoro esistono ancora cose che non hanno prezzo. Ma proprio in ciò che sembra elementare a volte si celano le insidie più pericolose.
Quello che emerge nel corso dell’investigazione comincia a crepare l’immagine di Lane. Quando alla fine annuncia a Mary di aver trovato il suo padre naturale, questi si rivela un balordo che non ha nulla a che fare con lei e che cerca di violentarla. Tutte le persone coinvolte nel caso risvegliano in Lane dei ricordi pericolosi che credeva dimenticati, ma che ora stanno iniziando a fuoriuscire dal suo mondo in frantumi.
E prima ancora di rendersi conto a pieno di ciò che sta accadendo, il detective si ritrova faccia a faccia con i fantasmi del suo passato, costretto in una spirale di menzogne da cui trapela una realtà molto diversa da quella che tutti credevano. Violento, grottesco, allucinato, il romanzo di Zeltserman costituisce un’ardita sintesi del nero americano: un hard-boiled che si trasforma in un noir urbano, colorando il modello chandleriano delle tinte del migliore Jim Thompson.
Violento, grottesco, allucinato, il romanzo di Zeltersman costituisce
un'ardita sintesi del nero americano: un hard-boiled che si trasforma
in un noir urbano, colorando il modello chandleriano
delle tinte del miglior Jim Thompson
Autore
Dave Zeltserman vive con la moglie Judy nella zona di Boston, dove lavora nel campo dell’informatica, studia arti marziali e scrive crime fiction. La sua scrittura risente dell’influenza, di Jim Thompson, Ross Macdonald e Dashiell Hammett. L’occhio privato di Denver, suo primo romanzo, ha attirato l’attenzione di vari maestri del noir contemporaneo.
Recensioni
Pulp
Novembre/Dicembre 2005
L’occhio privato di Denver narra, in prima persona, le vicissitudini di Johnny Lane, un parodistico e sfrontatamente marlowiano investigatore privato. Con un occhio assai poco privato, ma molto aperto agli affari, il protagonista si trova impegnato, fin dalle prime pagine, nella più stereotipata delle attività: la "solita" ricerca di una giovane ragazza scomparsa.
Fetentone sfrontato e sicuro, affronta i successivi casi che gli vengono assegnati col tipico cinismo dell’uomo sulla cresta dell’onda. Una figura di lucido figlio di puttana, avido di successo di complimenti e onori. Fino ad impattare, nel corso di un’indagine banale e scontata, contro un impercettibile e sottilissimo frammento del suo passato, che finirà per segnare drasticamente la sua vita.
Un intreccio tutto sommato semplice e, a prima vista, privo di qualsiasi elemento che lo possa separare dal piu’ scolastico esercizio di scrittura hard-boiled. Ma, da alcuni elementi volutamente marcati e per certi versi sopra le righe, ci si rende conto che i conti non tornano, costretti ad orientarsi, con una certa difficoltà, tra la farsa e il paradosso.
Dave Zeltserman ci offre con questa sua opera prima, dalla gestazione editoriale piuttosto travagliata, una, seppur acerba, via di fuga al conformismo ben definito da Carla Benedetti come "realismo thrillerista". Con una rara capacità di combinare ingredienti eterogenei e teoricamente difficilmente amalgamabili, l’autore centellina nel corso della narrazione piccoli e quasi impercettibili sprazzi di luce che alla lunga contribuiranno ad illuminare la reale natura del protagonista.
Dimostrando di aver ben digerito i tratti stilistici di J. Thompson (al quale viene con una certa scomoda insistenza avvicinato), Zeltserman riesce, dovendo proprio parlare di generi, a ben delineare i tratti di quello che lui stesso definisce psychotic crime fiction. Sostituendo gli inopportuni moralismi con un cinico e sfacciato fatalismo scioglie, senza alcuna indulgenza, le maglie della reticenza svelando con ironia le possibili sfaccettature della follia.
Corrado Pipan
sugarpulp.it
Scorri le prime pagine e ti sembra tutto un po’ scontato.
Il narratore/protagonista è un investigatore privato americano alle prese con un paio di casi standard: una ragazzina scappata di casa e un’altra che vuole sapere il nome dei suoi veri genitori. Bassifondi, vite che non valgono un cazzo, strip club di quarta, mele marce che ti tocca ingoiare giorno dopo giorno per andare avanti. In effetti però c’è qualcosa fuori posto: Johnny Lane non è il classico investigatore da noir americano, il tipico fallito impersonato alla grande da Bruce Willis in tanti suoi film.
Quello che tira avanti a campare con un bicchiere di whiskey di troppo, che ha almeno un paio di matrimoni falliti sul groppone e che, sotto sotto, ha il cuore tenero. Johnny Lane è un uomo di successo. Tutti lo conoscono a Denver. Scrive una rubrica mensile seguitissima. È’ una celebrità. Il romanzo decolla quando Johnny Lane inizia ad incrociare pericolosamente la sua vita con i suoi casi.
È qui che le parole iniziano a sorprenderti. Si, sei proprio sorpreso mentre divori le pagine di questo noir divertente, cinico, ironico e spietato che non ha rispetto per niente e per nessuno, soprattutto per il lettore. Ti rendi conto che tutti i tuoi sospetti sono fondati, che il marcio che le tue dita percepivano mentre sfogliavi le pagine ha davvero un pessimo odore.
Non si tratta soltanto di sensazioni: quando tutto inizia ad andare a puttane ne hai la certezza. E anche questo romanzo non fa eccezioni: a metà libro hai la visione chiara e lucida del baratro, ma te ne sbatti. Continui a leggere, pagina dopo pagina, perché lo stile di Zeltserman è geometrico, serrato, inarrestabile. Te ne sbatti di giusto o sbagliato, di etica e di moralità. Lasci che siano altri ad occuparsi di innocenti e colpevoli. Tu vuoi soltanto arrivare alla fine. Ma è proprio quando mancano le ultime due o tre pagine che inizi a sudare freddo, perché capisci che l’autore non ha avuto la spudoratezza e il coraggio di scrivere il vero finale di questo libro.
Se l’avesse fatto ora probabilmente staremmo gridando al capolavoro.
E invece niente, dobbiamo soltanto accontentarci di un grandissimo libro.
Giacomo Brunoro