Autore: Robert Wilson
Il wolframio: un minerale raro e pieno di virtù. Tanto da essere necessario all’industria bellica, in particolare a quella nazista.
È il 1941 e Klaus Felsen, un industriale svevo, si vede spedito nella solare Lisbona per organizzare un traffico del prezioso minerale. Ma le sorti della guerra volgono al peggio e la priorità, ora, diventa quella di mettere in salvo ben altro materiale: l’oro nazista.
Per farlo, Felsen avrà bisogno di un socio portoghese, dando il via a una fatale alleanza. Fine anni Novanta. Una giovane ragazza viene trovata morta sulla spiaggia di Lisbona: un caso anonimo e senza troppi clamori. Zé Coelho, ispettore integro e dallo sguardo umano, scoprirà presto che in quella breve vita ogni gesto compiuto, ogni fatto successo, fanno pensare a un estremo malessere.
E che le indagini sulle vicende della ragazza, e della sua famiglia, aprono una pista che porta oltre la soglia buia della storia portoghese, tra i fantasmi della passata dittatura. Mezzo secolo di storia e di violenza, dal radicarsi del potere nazista in Portogallo ai furori del regime di Salazar.
È su questo imponente scenario, sembra dimostrarci l’ambizioso romanzo di Wilson, che anche un caso apparentemente piccolo come la morte di una ragazza disperata può aprire un’improvvisa finestra.
Lasciando intravedere per un breve attimo, descritto col tono vivido e insieme impassibile di un grande romanziere, il volto eterno del potere corrotto.
IL ROMANZO VINCITORE DEL GOLDEN DAGGER AWARD NEL 2000
Autore
Robert Wilson è nato nel 1957. Ha viaggiato tutta la vita: durante il suo primo anno a Oxford ha girato gli Stati Uniti in bus, durante il secondo anno è arrivato fino in Nepal, con una Volkswagen. Dopo tre anni di lavoro in una compagnia di spedizioni, ha lasciato il posto per girare la Spagna in bicicletta. Appena sposato, ha trascinato la moglie per un anno in Africa.
Attualmente vive in Portogallo in una fattoria isolata, dove scrive. Con Una piccola morte a Lisbona ha vinto il prestigioso Silver Dagger Award nel 1999.
Recensioni
Alias/il manifesto
3 Marzo 2001
Avvincente e ben dosato, percorso da una sottile ossessione erotica (la sodomia del corpo femminile), da rimandi psico-politici e da punte di ironia, ha i requisiti del buon prodotto di genere questo intreccio di storie che, dagli orrori del nazismo, precipitano nel presente di Una piccola morte a Lisbona: l’omicidio per stupro di Catarina, adolescente inquieta e "speciale", figlia di un ricco avvocato portoghese. A indagare saranno un noto commissario e un giovane assistente: burbero e disincantato comme il faut il primo, idealista e ruspante il secondo.
Ovvero padre e figlio della rivoluzione dei garofani, insieme a scavare dietro la crosta di una Lisbona in bilico fra moralismi e appetiti, a caccia di vecchi gerarchi e nuove speranze.
Geraldina Colotti
la Gazzetta del Mezzogiorno
5 Aprile 2001
Il Pepe di Lisbona ’Nobel’ per il poliziesco L’autore, quarantenne giramondo inglese, ambienta nella capitale lusitana un intrigo storico-politico Berlino, 1941. L’Europa è sconvolta dalla guerra. La Germania nazista, in procinto di scatenare l’offensiva contro la Russia di Stalin, ha bisogno di accaparrarsi ingenti quantitativi di wolframio, il minerale che viene impiegato nella fabbricazione di proiettili perforanti indispensabili all’industria bellica.
Ma il wolframio è estremamente raro. La produzione è in mano ai portoghesi. In Portogallo governa Salazar: un fascista che si tiene ben lontano dalla guerra e fa ottimi affari con gli inglesi. Toccherà a Klaus Felsen, un industriale che detesta Hitler (ma si deve pure campare!) procurare alla Germania le scorte di wolframio. A qualunque costo. Lisbona, anni novanta. Una ragazza di buona famiglia viene assassinata sulla spiaggia dopo aver subito un’atroce violenza. Indaga il commissario Zè Coelho.
Un detective anomalo che sta a metà strada tra Pepe Carvalho e certi malinconici intellettuali di Josè Saramago. Vedovo ironico, alle prese con una figlia in piena tempesta ormonale e con un giovane collega dal caratere impossibile, il commissario Zè si troverà presto coinvolto in un’indagine ad alto rischio che lo catapulterà in quella zona grigia dove i democratici arricchiti di oggi e i torturatori di ieri procedono a braccetto affratellati dall’unica verità che nessuno osa mettere in discussione: i soldi non hanno odore.
Con Una piccola morte a Lisbona Robert Wilson ha vinto nel ’99 il Golden Dagger Award, ossia il ’premio pugnale d’oro’, una specie di Nobel della letteratura poliziesca e d’azione. Il romanzo procede su due linee - quella della caccia nazista al wolframio e quella dell’indagine sulla morte della ragazza - solo in apparenza parallele, perché presto si comprende che quella che sembrava solo un banale storia di crimine sessuale non è che l’ultimo, terribile atto di una guerra cominciata sessant’anni prima e mai cessata.
Sullo sfondo, la ferita mai sanata del nazismo, l’oro trafugato agli Ebrei, la vergogna di una prosperità costruita sul sangue degli innocenti. Chissà da dove li prendono, gli inglesi, tutti questi grandi narratori d’avventura! Questo Wilson, classe 1957, laurea a Cambridge, un passato di giramondo infine approdato a una sperduta isola portoghese, ha al suo attivo alcuni ’gialli politici’ e appartiene, secondo la stampa inglese, alla razza dei Le Carré, dei Forsythe e - aggiungiamo noi - dei Graham Greene.
Esotismo, perfetta conoscenza delle regole del genere, talento istintivo per le situazioni-limite, una forte tensione etica che si traduce in uno sguardo ricco di pietà per i vinti e la buona tenuta letteraria del racconto sono gli ingredienti di un cocktail infallibile. Il lettore è preso nel vortice e, mentre da un lato non vede l’ora di sapere come va a finire, dall’altro apprende quella due o tre cose importani da sapere sul mondo di oggi (come su quello di ieri): che la Storia la scrivono i vincitori; che il denaro e il potere muovono i destini; che per i giusti cavarsela è sempre più difficile.
Un autore superbo e ricco di sfumature, un thriller di alta scuola, un romanzo che non lascia tregua.
Imperdibile.
Giancarlo De Cataldo
il Messaggero
4 Settembre 2001
Lisbona ieri e oggi, giallo in due tempi Nascosto nella valanga di strenne da ombrellone e tra listini di una piccola casa editrice, la Meridiano Zero di Padova, è scivolato via nelle classifiche di stagione quello che, almeno a nostro avviso, è il thriller più intrigante dell’anno: Una piccola morte a Lisbona di Robert Wilson.
Ben tradotto e soprattutto ben scritto: l’autore, un inglese che ha fatto mille mestieri e ora vive in una fattoria sperduta in Portogallo, ha conquistato, non a caso, conquesto romanzo uno dei premi più ambiti per la letteratura poliziesca. il Golden Dagger Award. La vicenda, complessa ma non macchinosa, si snoda su due diversi registri e piani temporali.
Il primo è lo scenario di un classico giallo. Il cadavere di una minorenne violentata abbandonato su una spiaggia, una strana e coscienziosa coppia di poliziotti che indaga: l’ispettore Zè Coelho, un ultracinquantenne stanco, smagato, incalzato dai dubbi, e Carlos un pivellino politicizzato e irritante che ha il torto di dire sempre quello che pensa.
Il secondo è un tortuoso antefatto, che si sgrana per una quarantina d’anni. Si passa dalla Germania di Hitler al Portogallo di Salazar, dove un manipolo di nazisti rastrella e contrabbanda con l’oro trafugato agli ebrei un minerale prezioso per le divisioni corazzate del Reich. E anche qui la scena è dominata da tre personaggi, scolpiti a tutto tondo, senza scivolate di maniera, forzature manichee: un cinico comandante delle SS; un mercante alsaziano, travolto da passioni rabbiose e nostalgie; un traffficante portoghese, abile e rozzo. Il finale, riannoda i fili delle due storie nella Lisbona di oggi che ha voltato le spalle all’imbarazzante eredità della dittatura e dissipato l’euforia della rivoluzione, senza aver mai reciso i legami col passato.
Non sarà facile per l’ispettore Coelho, depistato da menzogne, reticenze, ipocrisie, doppi giochi, arrivare alla verità sepolta dietro questo cumulo di macerie che fa scomodo a tutti. La giustizia, imparerà a sue spese, è solo una chimera, un falso movimento, uno scarto di prospettiva che non rende certo la vita più facile, il mondo migliore.
Danilo Maestosi
il Sole 24 ore
8 Aprile 2001
Quei piccoli omicidi di Lisbona
Porta invece la firma dell’ex giramondo Robert Wilson un lavoro a sfondo storico proposto da Meridianozero, Una piccola morte a Lisbona, un romanzo ricamato su scampoli di realtà, anche se la storia risulta del tutto inventata. Una storia che prende lo spunto dalla missione imposta con le buone maniere (si fa per dire) dalle SS tedesche a un industriale, inviato in Portogallo nel 1941 per organizzare un traffico clandestino di un materiale indispensabile per la produzione bellica.
Una missione che lo renderà più duro e che lo porterà, quando il conflitto volgerà al peggio per la Germania, a mettersi in combutta con un socio tanto rozzo quanto scaltro per interessarsi di ben altro materiale: l’oro nazista. In questo contesto socio-politico, si innesta, a più di cinquant’anni di distanza, l’assassinio di una sedicenne dalle scarse remore sessuali, sul quale inizierà a indagare un ispettore per certi versi fuori dagli schemi. Il tutto a fronte di una serie di avvenimenti che si rincorrono negli anni, costellati di personaggi costruiti con abile semplicità.
Insomma, a conti fatti, un giallo da non perdere.
Mauro Castelli
il Venerdì/Repubblica
6 Aprile 2001
Ai tempi del nazismo e di Salazar Meridiano Zero pubblica un thriller di qualità e di buon intreccio: Una piccola morte a Lisbona di Robert Wilson. Attacco classico: una ragazza trovata morta sulla spiaggia della capitale portoghese. Zé Coelho, ispettore molto perspicace e umano, scava nel suo passato e scopre una storia straordinaria che rimonta addirittura al lontano 1941 quando un certo Klaus Felsen venne spedito in Portogallo a regolare il traffico di un minerale raro indispensabile per il Terzo Reich. Potete immaginare gli elementi di un intreccio del genere?
Ci sono tutti: dall’influenza nazista di mezzo secolo fa alla ferocia della dittatura di Salazar.
Garantita una forte presa.
Corrado Augias